Tutta mia la città, non è un deserto se la facciamo verde

Nel dibattito sul Governo di Bologna va definito quali elementi servano per migliorarne anima e volto. L’economia richiede scienza, cultura e società, e da noi ci sono. Ma manca un’osmosi tra queste virtù e le imprese; il Tecnopolo è per ora una risposta solo parziale a questo bisogno. Accanto alla città storica deve nascere un ecosistema verde. Bellezza contro disordine, legalità contro degrado, alfabetizzazione, educazione: urge un Piano-Progetto per la qualità di vita, di oggi e di domani

di Davide Giusti, ricercatore e tecnologo all’Enea


Cos’è una Città? Quali elementi la costituiscono? Poniamo questa domanda pensando al dibattito e alle proposte per il governo di Bologna. Per dare alla riflessione un carattere più sistematico, e meno estemporaneo, cerchiamo di precisarne i contorni. Saremo un po’ schematici, lo spazio è tiranno; e su alcuni temi la scelta non è della Città sola, ma essa può contribuire.

Per lo storico dell’economia Carlo M. Cipolla, la città nasce come mercato permanente, per consentire che le eccedenze delle campagne possano essere materia di scambio. Dapprima economia, quindi. Ma una città è certamente anche il suo volto fisico: poesia scolpita coi mattoni, il legno e il cemento; volumi magnifici dentro la luce (Le Corbusier); oppure squallide periferie, non luoghi, degrado.

Cultura: Bologna nasce nella cultura. Servizi: per Calvino la città è «la risposta che dà a una tua domanda». Sviluppo: «Un luogo dove un ragazzino può trovare qualcosa a cui egli possa volgere l’intero corso della vita» (Louis Kahn, architetto).

Procediamo con ordine. L’economia moderna richiede scienza, e Bologna è certamente città di scienza. Il suo tessuto produttivo non è stato però organizzato per massimizzare l’osmosi fra le aziende e fra imprese e scienza, cultura, e società. Il Tecnopolo dovrebbe essere la risposta ma è, al momento, solo una risposta parziale. Non funge da raccordo fra le imprese (basterebbe un sistema di accreditamento metropolitano, per questo), è totalmente finalizzato – la scienza nasce dalla curiosità, non solo dai fini – e dovrebbe essere irto di laboratori.

La città storica esige rispetto, ma accanto a essa deve sorgere un ecosistema verde, organico e paesaggistico; la nuova architettura deve essere occasione di bellezza, non più affastellamento disordinato. All’urbanistica occorre affiancare il modello del Piano-Progetto.

Occorre garantire la legalità, con forme partecipative nuove, e sollecitando una legislazione e un controllo del territorio più rigorosi. La sicurezza sociale richiede anche più adeguati criteri di politica della casa e della sua costruzione: intelligenti e senza escludere le classi medie. La sanità bolognese è eccellente, ma ha anche ombre: sono state favorite le aggregazioni e le specialità, mentre con una popolazione di età crescente diventano nevralgiche le medicine generali, e le geriatrie, in questi anni (visibilmente) trascurate. La viabilità, la raccolta e la gestione dei rifiuti vanno affrontati in modo pragmatico e scevro da pregiudizi, cogliendo le sinergie fra gli aspetti ambientali ed economici.

Lo sviluppo culturale di Bologna è spesso ben piantato nella contemporaneità, il che è bene, mentre le forme essenziali della cultura – la letteratura, il teatro, le arti figurative, la musica e la sua produzione, e lo stesso Design – non sono certamente al livello di pochi decenni fa, né si sono implementati modi tanto per raccogliere l’eredità dei grandi vecchi, quanto per avviare produzioni e fruizioni nuove. Le realtà musicali bolognesi andrebbero messe a sistema su base qualitativa, onde consolidare l’esistente, far nascere componenti nuove, giungere a una alfabetizzazione generalizzata e riportare la fruizione ai modi che Bologna già ha conosciuto.

Una speciale riflessione andrebbe anche alle forme dell’educazione: occorre che le nuove generazioni delle periferie dimenticate possano coltivare la capacità di farsi sedurre dalle espressioni della cultura: fra di esse la scienza, antico problema che non si è veramente affrontato mai. Altrove abbiamo un po’ stigmatizzato il 3+2(La città più di sinistra di tutte: ma quanta luce ha avuto dal centro), e ci pare a ragione.

In conclusione: sentiamo di dover agire su ciò da cui dipende la qualità vera della vita nella nostra città, per noi, e per i figli di chi fra noi ne ha.

Su ciascuno di questi punti varrebbe la pena di fare una riflessione scabra, stringente e articolata. La Bologna che ne verrà sarà migliore.

Photo credits: Marco Biondi


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