Innovazione Urbana Lab: perché sia davvero utile, si racconti il futuro

Una bella iniziativa che spero non si trasformi in una “occasione persa”. Serve un altro spazio, “il futuro rinnovabile”, senza la fissione nucleare. Ci sarà la volontà di metterlo in mostra?

di Ugo Mazza, già dirigente politico


È di pochi giorni fa la notizia dell’inaugurazione di Innovazione Urbana Lab tra Sala Borsa e Palazzo D’Accursio. Cinque spazi ad effetto, “la galleria”, lo spazio esterno nei pressi dello Scalone dei cavalli, dove le immagini  danno il senso delle trasformazioni urbane; il Corridoio del Bramante, “il viale” dove passi tra immagini giganti e rumori della città; “la casa”, il grande plastico della città metropolitana per le proiezioni interattive di dati e localizzazione di aree verdi, canali e fiumi, sevizi, abitazioni, infrastrutture, ecc.; “lo studio”, per approfondire dati e informazioni; “l’officina”, per provare a disegnare progetti per rigenerare la città.

Pur nel mio poco tempo mi sono reso conto dell’importanza di quest’opera di divulgazione interattiva su Bologna e le sue trasformazioni, spero abbia successo. Utile per conoscere la città metropolitana, la sua storia culturale, economica, urbanistica, sociale e umana, ne sono uscito con una bella sensazione: era piacevole vedere comparire la città sezionata nelle sue parti, quelle che più mi interessavano.

Preso l’autobus, forse per lo sballottamento di un autista da formula uno in un’area quasi pedonale, quel senso di piacevolezza si è trasformato in una sensazione di “mancanza”. Cosa mancava?

Senza trovare risposta ho aperto il giornale e un titolo mi ha colpito: “L’unione Europea sta discutendo, il nucleare potrà essere considerato sostenibile nella transizione energetica”; una bestialità enorme. Una sferzata, ecco cosa mancava: Bologna è stata dichiarata “città libera dal nucleare”.

Mancano le informazioni per pensare al futuro della città nel cambiamento climatico, sul come ridurre i consumi energetici e azzerare quelli fossili, da oggi ai prossimi 20, 30 anni. C’era tutto del passato, nulla su un futuro già cominciato. Sull’uscita dallo statu quo che ostacola la transizione dall’energia fossile all’energia rinnovabile, rifiutando “l’energia da fissione nucleare”.

Mentre correvo in bus, tra uno strattone e l’altro, speravo di sbagliarmi. Forse da qualche parte qualcosa ci sarà, mi dicevo. Comunque non era visibile, in primo piano come necessario. Uno spazio importante e interessante, inaugurato agli inizi degli anni ‘20 del 2000 non può eludere questi problemi. Ancor di più non dovrebbe farlo nel momento in cui si insedia la nuova Giunta che avrà il compito di governare questa transizione nei prossimi anni. Certamente tutto era stato preparato “prima”, non è loro la responsabilità. Spero perciò che “loro” ci mettano “una pezza”, come si dice a Bologna.

Potevo anche pensare che questa fosse una mia paranoia, me lo sono anche chiesto. Poi giro la pagina del giornale e leggo della protesta degli industriali emiliani per l’indicazione dell’Ue, condivisa dall’Italia, di cessare l’immatricolazione delle auto a motore termico, cioè a benzina, diesel e metano, nel 2035. 

Scelta inevitabile: non solo protesteranno gli industriali, lo faranno anche i lavoratori e i cittadini se non avranno la consapevolezza necessaria e mancheranno piani pubblici per governare questa transizione. La COP 26 ci ha detto che non c’è più tempo da perdere.

Sorge subito un’altra domanda: perché non si aggiunge uno spazio “sul futuro rinnovabile della città”? Le informazioni non mancano e a Bologna ci sono fior di scienziati ed esperti che possono dare i “numeri”, non parole, necessari ai comunicatori per allestire lo spazio mancante. Numeri e proposte per cambiare la Città metropolitana, in sintonia con la scienza e le indicazioni dell’Ue e dell’Onu. 

Sarebbe un’occasione dinamica e spettacolare per la città, un contributo per la consapevolezza dei cittadini e di aiuto alle scelte che l’amministrazione pubblica dovrà fare nei prossimi tempi.

Si dovrà spiegare il senso dei target europei per ridurre le emissioni di CO2 del 55% nel 2030 e azzerarle nel 2050: sarebbe un modo straordinario per coinvolgere i cittadini in un percorso non facile che richiede, come per il Covid-19, competenza e corresponsabilità, convinzione sulla giustezza delle scelte a cui saremo chiamati per costruire una nuova città, per cambiare la vita di noi tutti.

Dovremo conoscere i “numeri” delle riduzioni anno per anno delle emissioni di CO2 dai vari settori, agricoltura, industria, trasporti, abitazioni, terziario e commercio, per evitare la “povertà energetica” e sostenere i lavoratori, che dovranno essere formati verso altre occupazioni per superare produzione energivore e servizi con forti emissioni di CO2. Conosceremo i “numeri” delle installazioni di impianti di energia rinnovabile necessari per contribuire alla elettrificazione della città senza dover ricorre alla “fissione nucleare”, costosa e pericolosa. Il tutto con proiezioni interattive che indichino i successi che via via si staranno ottenendo.

Sarebbe bello andare a Palazzo D’Accursio in un nuovo spazio per conoscere la “città libera dal fossile”. Perché non farlo?

Photo credits: Fondazione Innovazione Urbana


Un pensiero riguardo “Innovazione Urbana Lab: perché sia davvero utile, si racconti il futuro

  1. Ho seguito passo passo la coinvolgente illustrazione dell’evoluzione urbanistica della città ed oltre. Pur collocato nel luminoso ballatoio di Salaborsa, Urban Center sembrava attirare solo addetti ai lavori e qualche curioso, come quando si apri nel sottopassaggio delle Gocce sotto via Rizzoli. Non vedo l’ora di godermi questo nuovo allestimento. Anche per verificare quanto mi manchino le proiezioni verso il futuro suggerite da Ugo Mazza, certamente tra i più acuti e ahimé troppo ignorati politici della nostra città.

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