La toponomastica risarcisce (almeno un po’) Cevenini

A dieci anni dalla scomparsa il Comune gli intitolerà una piazzetta nei luoghi della sua infanzia. Una ‘sapienza’ intelligente ha agito a favore della città di Bologna

di Aldo Bacchiocchi, già dirigente politico


Il prossimo dieci maggio, a dieci anni dalla sua scomparsa, opportunamente il sindaco Lepore  dedicherà a Maurizio Cevenini una piazzetta al termine di via D’Azeglio, al confine con il viale di circonvallazione.

Sono i luoghi dell’infanzia. Sul finire degli anni Sessanta conobbi, tramite suo padre, barbiere a Villa Bellombra, il giovanissimo Maurizio. Io ero segretario della sezione Zona Colli del Pci. Sotto c’era il mitico bar. A lato abitava Ciro Soglia con Anna e famiglia. Aggiunto del sindaco era Floriano Ventura, che poi fu mandato a Reggio Calabria ai tempi della rivolta.

Maurizio era un giovane militante, convinto Pci. Ricordo che, ai tempi del congresso per il cambio del ‘nome’, Maurizio votò contro senza dubbio alcuno. Era davvero un militante appassionato. Per un po’ ci perdemmo di vista. Divenne capogruppo Pci nel Comune di San Lazzaro di Savena. Fu lui a cercarmi a Roma, nel 1993, per propormi di candidarmi a sindaco di San Lazzaro. C’era una nuova legge elettorale e, per il candidato sindaco, era necessaria una maggioranza larga che comprendesse anche la Dc. Sul mio nome c’era una convergenza reale. A Roma ero agli ‘enti locali’ con Burlando e Bassanini. Con la segreteria D’Alema tenevo i primi contatti con Romano Prodi, all’inizio in via riservata. Fui colto di sorpresa, ma si decise che io accettassi anche in vista di un mio ruolo in Anci (l’Associazione dei Comuni) nazionale. Risposi sì alla proposta ricevuta da Cevenini, a nome del partito. Mi fermo qui perché tanto avrei da raccontare.

Maurizio, nel frattempo, cominciò ad occuparsi di Bologna. Straordinario ‘ufficiale di Stato civile’, infaticabile, tifoso del Bologna senza tregua. Alle feste dell’Unità gestiva la ‘tombola’ da esperto ‘banditore’. Non c’era angolo di Bologna che Maurizio non frequentasse con slancio. Divenne un riferimento straordinario, sindaco in pectore.

Ricordo benissimo (lo scrissi anche sul Carlino) che con amicizia lo misi in guardia. Per lui era necessario ‘fare politica’ e misurarsi con le asprezze della ‘lotta politica’ per poter fare il sindaco. Non bastava una diffusa simpatia nei suoi confronti da parte dei cittadini. 

Maurizio questo passaggio non lo affrontò. Altre furono le indicazioni del ‘partito’ e lui le accettò ubbidiente e senza piantare grane. Nessun incarico istituzionale, che pur ebbe, riuscì a fermare, a mio avviso, una acuta e malcelata sofferenza. Non ritengo di dire di più. Lo andai a trovare, in una casa di cura dove per un po’ fu ricoverato. Fu un incontro ‘muto’.

Sì, uno spazio pubblico Maurizio se lo merita. La ‘toponomastica’,  a volte, è molto eloquente. Grazie perciò a Matteo Lepore, all’amministrazione comunale, all’assessore delegato Simone Borsari.

Desidero aggiungere, per completezza, che Cevenini fu un dirigente serio della ‘sanità privata’. Divenne dirigente dell’Aiop, l’associazione italiana ospedalità privata, anche in memoria di suo padre barbiere in una casa di cura. Lasciò gli incarichi professionali a favore di un civismo straordinario, irripetibile, che lo fece amare profondamente dai bolognesi.

Ora la ‘toponomastica’ ti risarcisce, indimenticato Maurizio, per sempre. dedicandoti i luoghi della tua infanzia. Una ‘sapienza’ intelligente ha agito a favore della città di Bologna.

Photo credits: Federico Borella


Un pensiero riguardo “La toponomastica risarcisce (almeno un po’) Cevenini

  1. A Maurizio volevo bene. Come lui sono legato a Villa Bellombra. Poi ci siamo conosciuti e stimati per la politica e per il Bologna Fc. Ha sposato alcuni amici cari. Nella tragedia il legame si è rafforzato, se possibile. Riposa nel cimitero di San Lazzaro giusto sotto mia mamma e mio papà. Lo saluto spesso. E non mi capacito. Merita un posto d’onore nella storia di questa città

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