«La gravidanza non dovrebbe essere penalizzante e comunque la responsabilità di tutto questo è politica. Occorre cambiare prospettiva culturale»
di Barbara Beghelli, giornalista
L’avvocata Marta Evangelisti è una civilista e da ottobre consigliera comunale di Bologna con Fratelli d’Italia (1.229 preferenze). Partito che sotto le Due Torri, con il 12,63% dei voti ottenuti alle Comunali, è diventato il secondo dietro al Pd. Uno scenario politico che solo dieci anni fa poteva sembrare surreale, e invece…
Dopo aver fatto il liceo classico Forteguerri a Pistoia («in Appennino non c’era e farlo a Bologna da Porretta sarebbe stato troppo scomodo») si è sposata con un imprenditore e da 12 anni è mamma di un maschietto. Ha iniziato l’attività politica nel 1994 candidandosi a Granaglione con una lista civica che l’ha eletta come consigliera di maggioranza. Ha poi proseguito per ulteriori tre mandati ricoprendo le cariche di assessora a scuola e cultura, attività produttive e vicesindaca. Nel 2015 è stata candidata a sindaca con la Lista Civica di centrodestra “Adesso Alto Reno Terme”, che ha ottenuto il 10,24% dei consensi e nello stesso anno è stata eletta consigliera in surroga in Città Metropolitana di Bologna nella Lista “Uniti per l’Alternativa”. Oggi è vicepresidente del consiglio comunale bolognese. «Il mio – sottolinea – è un ruolo altamente istituzionale ma io non rinuncio alla mia attività politica come consigliera».
Politica nell’animo…
Assolutamente, ho iniziato il mio percorso a 27 anni ed ero l’unica ragazza. Oggi però non trascuro la mia attività professionale, non voglio dipendere dalla politica. I miei cavalli di battaglia? Mobilità, infrastrutture, disabilità. Recentemente ho proposto un odg sulla lingua dei segni (Lis) che la maggioranza ha apprezzato ma ne ha rimandato la discussione. Altro tema che mi appassiona è lo spazzino di quartiere.
Che voto dà alla nuova amministrazione?
Non ha ancora raggiunto la sufficienza, diciamo che deve ancora iniziare: troppi progetti sono ancora in cantiere. E dire che abbiamo talmente tante deleghe e dunque competenze, che tante semplici problematiche potrebbero già essere risolte.
È appena uscita la statistica Cisl secondo cui nel 2072 ci sarà un nuovo nato ogni tre anziani. Secondo lei a Bologna si fanno pochi figli perché, come direbbe Fabio Battistini, «i giovani sono individualisti»?
Si cita un rapporto ma è bene affrontare il tema nella sua interezza. Sicuramente il momento culturale non valorizza la famiglia come un tempo ed è più volto a soddisfare l’individualismo. Ma ricordiamolo: il luogo dove ancora si approda in modo sicuro resta la famiglia, la struttura fondamentale della società.
Il futuro che ci aspetta è offuscato dal fatto che non ci sono buoni servizi per le neo-mamme?
Questo è un tasto dolente. Ricordo mia suocera quando mi raccontava che come operaia della Ducati, 45 anni fa, allattava il suo secondogenito in azienda. Forse era una rarità, allora, ma mi pare che la situazione non sia molto cambiata: le aziende che offrono alle proprie dipendenti questa possibilità sono pochissime, invece nel nord Europa è la regola. Gli asili aziendali, le convenzioni con strutture utili per la genitorialità, i servizi per il post-orario scolastico… mancano tante cose.
Un grande festival sociale sulle politiche per la natalità proposto da Battistini potrebbe aiutare a ripensare la situazione?
Temo sarebbe riduttivo e concentrarsi sulla natalità non basta; non è neanche corretto. Occorre concertare soluzioni pratiche, ad esempio la politica locale dovrebbe aiutare le mamme e le famiglie creando una rete. I bonus ci sono sempre stati e ci sono, e non è questa l’unica soluzione. Occorre invece prevedere delle offerte educative strutturate che, ad esempio, sopperiscano alla chiusura dei centri estivi. Poi dei servizi adeguati, anche l’accesso vero ai nidi, tanto costosi, e un approccio al lavoro diverso per le neomamme senza gravare sull’imprenditoria. La gravidanza non dovrebbe essere penalizzante e comunque la responsabilità di tutto questo è politica.
Le recenti dichiarazioni della stilista Elisabetta Franchi sulle lavoratrici under 40 in odore di maternità l’ha sconcertata?
Non è stata diplomatica ma ha sollevato un problema che conosce ed esiste. Forse non solo nella sua azienda o nel suo settore. Comunque anche in politica è difficile conciliare tutto: occorre cambiare prospettiva culturale.