Sbilanciarsi a sinistra funziona forse a Bologna, molto meno nel resto della regione o del Paese. I casi di Parma e Piacenza insegnano. Se il Pd vuole essere maggioritario, deve riuscire a parlare a quel ceto medio tradizionalista di piccoli imprenditori, artigiani e bottegai
di Angelo Rambaldi, “Bologna al Centro – L’Officina delle idee”
Caro Giampiero Moscato, ho letto con interesse sul Cantiere il confronto, al quale hai partecipato anche tu, sulla bontà e qualità dell’offerta politica della sinistra cittadina, con particolare riguardo per il Pd ma soprattutto per il ruolo di assoluta leadership del Sindaco Matteo Lepore.
Se posso, vorrei approfittare del dibattito per rivolgere al Pd e a tutte le varie sinistre fuori e dentro la coalizione di governo alcune domande.
Innanzitutto, rilanciandone una di Ardeni: se la destra italiana – lo dico con massimo rispetto – da tempo non mostra qualità eccelse, come mai gli italiani continuano a votarla? Alla sinistra non dovrebbe venire il dubbio che forse la sua offerta politica non è così convincente? Come mai anche il mitizzato “Ulivo”, pure sacralizzato nel suo leader, in oltre un quarto di secolo ha vinto solo due volte, e non ha vinto bene? Nel 1996 l’Ulivo vinse perché Bossi, dopo il litigio con Berlusconi, si presentò in autonomia; e nel 1998 vinse per un soffio e durò pochissimo.
Spiego al Cantiere la mia convinta opinione. L’Italia è un Paese con radicate tradizioni, diffidenti verso la sinistra nata dopo la caduta del Dio fallito, ossia il comunismo. Al centro della società italiana c’è un modesto, non di dimensioni, ceto di bottegai, piccoli industriali e artigiani. Gente che, ad esempio, anche se non va a messa rimane profondamente credente e legata ai propri valori, compresi quelli più antichi.
Come accusato più volte, e in parte a giusta ragione, anche il Pci era una “chiesa”. Il Pd è invece stato fin da subito colonizzato dalla borghesia laica, anzi laicista, e dai suoi pur rispettabili valori, diritti e priorità.
Il punto è questo: è non solo mia convinzione che il Pd, per vincere, deve portare via voti alla destra. E non certo correndo dietro ai suoi temi, ma sforzandosi di essere credibile non solo alla sinistra, dentro e fuori il Pd.
Con buona pace del nostro Sindaco, solo a Bologna uno schiacciamento a sinistra può forse ancora funzionare. Nel resto del Paese invece – ma pure nella stessa nostra regione: Parma e Piacenza insegnano – se il Pd rinuncia a essere un partito di centrosinistra e sceglie di rappresentare solo la sinistra è condannato a perdere.
Infine, faccio mia una affermazione di Luciano Violante: non si fa politica dando del comunista o del fascista all’avversario.
Bravo Angelo
Se la sinistra vuole essere maggioritaria, potrà fare quel che vuole, come,, ad esempio, reclutare giocatori in campo avverso o smussare le sue prese di posizione. Così facendo tuttavia, ammesso che riesca a conquistare la maggioranza numerica, non conquisterà in ogni caso l’egemonia politica. Ci è già capitato – vedi legge Zan o jus soli (culturae, scholae…) sentire capi del centrosinistra motivare il loro immobilismo con la motivazione che “Non ci sono i numeri”. Il presidente americano Lincoln fece di tutto per trovare i numeri volendo abolire la schiavitù. Ma poi, fatta una legge, vinta persino una guerra, la questione razziale è quasi tutta ancora lì. Qui da noi abbiamo un doppio caso Prodi, vincitore nelle urne ma poi obbligato a governare con le pastoie. Insomma, si vorrebbe un maggiore impegno politico e culturale per far crescere la coscienza generale del paese. E qui mi fermo, consapevole della difficoltà che la prospettiva comporta.