Videoart Yearbook arriva a Ibrida Festival, la prima volta non si scorda mai

La rassegna di videoarte promossa dal dipartimento della Arti dell’Università di Bologna ha debuttato nel programma del festival internazionale delle arti intermediali, tenutosi a Forlì tra il 16 e il 18 settembre. Un riconoscimento importante per uno dei progetti più attenti e sperimentali dell’intero panorama artistico italiano

di Sara Papini, studentessa


Anche quest’anno, come da sette anni a questa parte, è tornato a Forlì l’Ibrida Festival, rassegna dedicata alle arti intermediali.

Ibrida Festival nasce nel 2015, dal desiderio dei due artisti Francesca Leoni e Davide Mastrangelo di indagare e divulgare le produzioni e le ricerche più recenti nell’ambito dell’audiovisivo sperimentale. Un festival internazionale che accoglie oggi una selezione di più di 50 artisti e artiste, animato da incontri, videoinstallazioni, live, video selezioni e dibattiti. La videoarte e la sperimentazione ibrida sono al centro del festival, da qui il più che dovuto gemellaggio con Videoart Yearbook, ormai giunto alla sua quindicesima edizione.

Videoart Yearbook è un evento promosso dal dipartimento della Arti dell’Università di Bologna e curato da Renato Barilli, Silvia Grandi, Piero Deggiovanni e Pasquale Fameli. Partito nel lontano 2006, l’intento della rassegna è quello di “valorizzare la videoarte italiana selezionando ogni anno opere che spaziano dalla video-performance alla computergrafica, offerte al pubblico in un’unica sequenza, come una proiezione cinematografica. La formula adottata è quella di una proposta di sedici opere, rappresentative dalle innumerevoli declinazioni che la più recente videoarte consente, dall’indagine sul corpo alle prove di resistenza fisica, dalla reinvenzione dei codici filmici alle varie forme dell’animazione.”

Silvia Grandi e Davide Mastrangelo durante la presentazione di Videoart Yearbook all’Ibrida festival 2022. Photo credits: Ibrida Festival/Gianluca Naphtalina Camporesi

La selezione dell’edizione 2022 si è tenuta all’interno del Dams Lab, il 25 maggio, dopo due anni di fermo per via della pandemia, durante la quale i curatori hanno scelto di fermarsi invece che continuare il progetto online, privilegiando la dimensione fisica dell’incontro. L’evento ha visto una larga partecipazione e in molti sono stati gli artisti e le artiste che hanno presenziato. Il 16 e il 17 settembre scorsi la selezione di Videoart Yearbook è stata poi proiettata all’Ibrida Festival, presentata dalla docente dell’Università di Bologna Silvia Grandi, in un dialogo con il direttore artistico Davide Mastrangelo.

Una selezione di video, quella di quest’anno, estremamente coinvolgente e attuale. Come ad esempio La santa e la puttana di Francesca Lolli, una video-performance che vede l’artista, catapultata in una sorta di videogioco, lottare contro una serie infinita di stereotipi di genere. Insomma, una vera e propria eroina transfemminista. Altra opera di rilievo è Gente comune di Filippo Berta, che mette in mostra un confronto diretto con un’azione socioculturale e politica disarmante: quella delle barriere geo-ideologiche e dei confini territoriali sparsi per il mondo. Infine Atto di dolore di Elisabetta Di Sopra, che si sviluppa intorno a una struggente indagine sull’autolesionismo, dove il gesto prolungato di un atto di dolore porta lo spettatore o la spettatrice a provare sentimenti contrastanti: dalla paura alla liberazione, dall’angoscia all’espiazione.

Queste sono solo alcune delle opere inserite all’interno della selezione di quest’anno di Videoart Yearbook, che si conferma uno dei progetti più attenti e sperimentali dell’intero panorama italiano.

In copertina: la proiezione di “Pensate domani è la fine del mondo” di Elena Bellantoni. Photo credits: Ibrida Festival/Gianluca Naphtalina Camporesi


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