Emergenza affitti, urge un Campus universitario

Gli studenti rappresentano una risorsa preziosa per Bologna ma ora si vedono respinti a favore degli avventori del “tagliere di salumi”. Non si può fornire casa alle migliaia di fuori sede senza respingere i turisti dagli appartamenti trasformati in Airbnb e viceversa. Una cittadella sul modello dei college anglosassoni, posti letto ma anche servizi, ben collegata all’Ateneo tramite il tram in arrivo potrebbe conciliare le due domande di alloggio e far volare in alto la nostra città

di Massimiliano Cordeddu, giornalista


Molte volte mi è stato chiesto di scrivere un articolo per questa prestigiosa rivista, ma non ho mai trovato uno spunto degno di tale onore. Una testata giornalistica che, non me ne vogliano le altre, rappresenta un prezioso think tank. Un laboratorio di idee, direi unico, nato con l’intento di ospitare quei progetti “visionari”, utili a immaginare la Bologna del futuro. Un contenitore aperto e a disposizione di chiunque voglia dare il proprio contributo o partecipare alla discussione. 

Sono fermamente convinto che una città come la nostra, prima di aprire un “cantiere”, debba dotarsi di un progetto condiviso. E Bologna dovrebbe domandarsi quale tipo di città vuole diventare; continuare a ospitare gli studenti universitari provenienti da tutta l’Italia oppure accogliere nelle seconde e terze case i turisti arrivati con l’avvento delle compagnie low cost? Non si può continuare a far finta di nulla, come se il problema non esistesse. Occorre che insieme troviamo una soluzione alla carenza di immobili in affitto a Bologna.

Gli studenti storicamente hanno rappresentato una risorsa preziosa per la città ma ora si vedono respinti a favore degli avventori del “tagliere di salumi mordi e fuggi”. Non si può pensare dunque, nascondendo la testa sotto la sabbia, di poter fornire una casa alle migliaia di studenti fuori sede senza respingere i turisti ospitati negli appartamenti trasformati in Airbnb e viceversa. Delle due l’una! Oppure esiste una terza via, non ancora percorsa, tale da riuscire a contenerli entrambi nella nostra magnifica città?

Quando alla fine dello scorso millennio arrivai a Bologna, il problema della carenza di alloggi esisteva già. Ora non voglio tediarvi raccontandovi dei tuguri nei quali, a caro prezzo, ho soggiornato durante gli anni in cui mi dividevo tra un lavoro part-time, le lezioni e gli esami. All’epoca però, lo ricordo bene, mi sarebbe piaciuto vivere in un Campus universitario come quelli visti nei film inglesi o americani. Il mio modello ideale era quello de L’attimo fuggente, con l’indimenticabile Robin Williams che nella pellicola interpretava il coraggioso prof. Keating.

Un Campus universitario, dotato di alloggi, aule, palestre e mense rappresenta, a mio avviso, la terza via. Ovvero l’unica soluzione a un problema urbanistico atavico e che consentirebbe alla nostra Bologna di volare alto; incrementando la recente vocazione turistica, ma senza escludere gli studenti. Costruiamolo al Parco Nord, oppure in un qualsiasi altro luogo, anche periferico ma ben collegato all’Alma Mater attraverso il nuovo tram in costruzione. D’altronde anche quest’ultimo rappresenta una “visione” di città elaborata da qualcuno nel passato e che ora diventa realtà. E i soldi, direte, dove si trovano? Gli investitori privati e le istituzioni pubbliche potrebbero unirsi in consorzio e utilizzare gli ingenti fondi del Pnrr, meglio noto come ‘The next generation Eu”… 

Questa è la mia visione di città. La vostra invece qual è?

In copertina: Fletcher Library, Arizona State University West Campus. Photo credits: Avi Waxman.


9 pensieri riguardo “Emergenza affitti, urge un Campus universitario

  1. Ponticella San Lazzaro via Benassi 142 complesso immobiliare abbandonato di Cassa Avvocati Fondo Cicerone

    1. Articolo molto interessante che affronta un tema di assoluta attualità e urgenza. Tempo fa lessi un articolo su il Guardian che denunciava la carenza di alloggi in famose città universitarie tra le quali Bristol, Manchester e Edimburgo. Il problema in molte città universitarie del Regno Unito pare sia legato all’aumento demografico dell’attuale fascia dei diciottenni, a gente che per via della crisi preferisce affittare un alloggio in condivisione con altri piuttosto che comprare, e all’ aumento di abitazioni adibite a Aibnb ecc …

  2. Decentrare le aule in un campus esterno sarebbe certamente auspicabile e potrebbe risolvere almeno in parte la crisi di alloggi e anche il rumore notturno, ma ….. cosa se ne farebbe poi l’Università dell’immenso patrimonio oggi destinato ad aule per le lezioni? Una riconversione di migliaia di aule in alloggi o uffici penso sarebbe molto difficile oltre che estremamente costosa per Alma Mater e probabilmente è questo il maggior ostacolo alla creazione di un vero campus esterno, aule comprese.

  3. Quello proposto è un progetto che da anni si prospetta, sul modello di realtà presenti in paesi nordeuropei o statunitensi.
    Non sono d’accordo con quanto scrive Massimiliano Cordeddu perché temo l’effetto “cittadella”, con conseguente isolamento degli studenti dal contesto cittadino. Tale isolamento ha già contribuito, insieme con altri fattori, a creare problemi nella zona universitaria- leggi “piazza Verdi e dintorni”- , che resistono a periodici interventi di buona volontà politica.
    Gli studenti vanno realizzati, ma, possibilmente, diffusi nella rete cittadina.

  4. Il campus era già stato concepito al Lazzaretto, alla fine degli anni ’90; si sarebbe aggiunto al Polo del Navile, ora per fortuna in fase di completamento, offrendo una consistente alternativa alla crescita nel centro, ormai incontrollabile. Per servirlo era stata concepita anche una stazione del People Mover. Ma negli anni successivi, senza che nessuno esercitasse alcuna critica, e alla faccia dei proclami sulla qualificazione delle periferie, il progetto del Lazzaretto è evaporato, rimanendo uno dei tanti piccoli siti sparsi dell’ateneo. Paragonate lo sviluppo universitario di Milano a quello di Bologna e vi sarà facile giudicare che politica urbanistica si sia fatta nella “città progressista”

  5. Purtroppo mia figlia sta vivendo sulla propria pelle questo problema, infatti si trova ancora a casa, in attesa, unica flebile speranza, di un posto letto nelle residenze che vengono assegnate tramite graduatoria per gli avventi diritto (borsa di studio Er-go) posizione in graduatoria quasi al mellisimo posto. In parole povere rischia seriamente di essere privata del diritto all’istruzione per un anno, e se non si trovano soluzioni, anche alternative, al cronico problema anche negli anni a venire. Per soluzioni alternative intendo, questa è una richiesta che faccio all’assessori regionali ER all’istruzione e alla cultura, se possono intervenire presso UniBo, per chiedere se possono effettuare lezioni a distanza, per poi sostenere gli esami in presenza, in attesa che si sblocchi la situazione.

  6. La costruzione di alloggi esterni al centro è una via, ma purché sia finanziata con le tasse provenienti dalle attività del territorio che traggono profitto dall’aumento del turismo (trattasi di ridistribuzione dei proventi dallo sfruttamento di un bene pubblico e comune: la città), in modo da bilanciare almeno parzialmente la situazione di chi ci perde (gentrificazione ecc). Inoltre, i privati stiano fuori: devono essere alloggi pubblici, il cui canone di affitto deve essere utilizzato per coprire i costi, non per trarre ulteriore profitto sulla pelle degli studenti. Ciò potrebbe contribuire anche ad una riduzione dei prezzi in centro e ad una normalizzazione del mercato immobiliare cittadino, ormai gonfiato a dismisura. L’alternativa è una città vetrina, impoverita di anima e cultura, modello Las vegas (si veda alla voce Venezia e firenze)

  7. Nonostante il conseguimento della laurea triennale all’Alma Mater e un primo inserimento lavorativo nelle scuole bolognesi, proprio un mese fa, a malincuore, ho dovuto lasciare la città per via di questa insostenibile situazione immobiliare; avrei voluto specializzarmi a Bologna ma, dopo settimane di ricerche fallimentari, è come aver percepito che non ci fosse più posto per me.
    È necessario parlarne. Apprendere che molti giovani debbano valutare opzioni B per via di una città che non riesce ad accoglierli è una sconfitta dell’intera comunità.

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