«Il Biomedicale messo in ginocchio dal Dl aiuti bis»

«Sta passando sotto silenzio una tagliola contro un settore che genera 16,2 miliardi di euro ed è uno dei punti di forza della regione. È il Payback, eredità del Dl aiuti bis del Governo Draghi. Le Asl bussano alle porte delle imprese per riscuotere 2,2 miliardi con cui ripianare gli sforamenti del periodo 2015-18. Un massacro per industrie e ospedali, che avranno problemi a ricevere forniture cruciali non solo di garze e siringhe, ma di Tac, Risonanze magnetiche, Pet. La politica intervenga»

di Antonio Sammali, presidente Medstep srl


Caro Cantiere, ti chiedo di ospitare un intervento per raggiungere non solo il tuo pubblico ma per interloquire anche con chi è impegnato nella politica a Bologna e in regione perché faccia quello che è in suo potere per convincere il nuovo Esecutivo a fermare una legge iniqua e demolitiva.

Nel silenzio quasi assoluto sta accadendo in Italia un fatto senza senso ma dagli effetti devastanti. Il settore biomedicale, uno dei fiori all’occhiello dell’economia nazionale e punta di diamante di quella bolognese ed emiliano-romagnola (qui l’allegato) che occupa molti giovani talenti, nell’industria nel commercio e nella ricerca e sviluppo, sta per essere messa in ginocchio dall’introduzione di una norma senza senso che avrà effetti nefasti su un’industria che da sola genera 16,2 miliardi di fatturato e occupa 110mila persone in 4.546 imprese. La legge rischia di creare problemi di approvvigionamento di beni essenziali per le Asl e per gli ospedali che, in teoria, vorrebbe tutelare.

A parte Il Sole 24 ore (qui) e qualche rivista specializzata, non sta emergendo al vaglio dell’opinione pubblica il fatto che lo Stato, per mezzo delle Asl, sta suonando ai campanelli di tutte le imprese nazionali ed estere che riforniscono gli ospedali di prodotti biomedicali: non solo siringhe, mascherine e garze, ma anche presidi come pacemaker, stent, defibrillatori, protesi ortopediche o macchinari complessi quali Risonanze magnetiche, Tac, Pet. In realtà non bussano alle porte, ma inviano per posta elettronica certificata richieste di pagamento entro 30 giorni per recuperare 2,2 miliardi di euro, il 50% dello sforamento di spesa, non imputabile ai fornitori ma allo Stato, per gli anni 2015-2018. 

Si tratta di una norma che «mette a rischio la sopravvivenza di migliaia di piccole e medie imprese che già oggi – ha detto Massimo Riem, presidente di Fifo Sanità-Confcommercio – si trovano a combattere con aumenti di costi delle materie, rincari energetici e rivoluzioni del mercato dovute agli effetti della pandemia e della guerra in Ucraina». Molte imprese rischiano infatti di «non proseguire le proprie attività a partire da gennaio 2023, causando un parziale stop delle forniture ospedaliere di materiale di supporto al personale sanitario per la cura dei pazienti». 

Sono già molte le imprese che hanno scelto di ricorrere al Tar contestando la legittimità di un meccanismo senza senso, per il quale si obbliga chi produce i beni a rimborsare la metà dei debiti fatti dalle Regioni nelle gare con cui hanno disposto l’acquisto di prodotti sanitari. Le esigenze di dispositivi medici sono maggiori della disponibilità economica che le Regioni ricevono dallo Stato e in seguito le stesse chiedono, in pratica, a chi senza colpa li ha riforniti, di contribuire a ripianare questa differenza economica: sarebbe come andare a far la spesa con meno soldi di quanto si è comprato e chiedere al negoziante di pagare lui per noi. Senza nostre colpe perché, come ha fatto notare al Sole 24 Ore il presidente di Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti, è un paradosso, dato che chi partecipa a quelle gare è obbligato a fornire quantità prestabilite di materiali a prezzi imposti, rischiando se non accettasse denunce per interruzione di pubblico servizio: «Ora, dopo diversi anni, ci chiedono i soldi indietro».

La norma è un’eredità lasciata in extremis dal “Dl aiuti bis”del Governo Draghi, cui seguì a breve il decreto attuativo, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 26 ottobre. Poco dopo sono cominciate a partire le lettere delle Asl. È un seguito del Dl 19 luglio 2015, n.78, art.9 ter, che era il varo di una norma sul payback per i dispositivi medici. Questa norma, fortunatamente, rimase negli anni lettera morta e non fu mai applicata per la sua intrinseca iniquità e inapplicabilità. Lo dimostrano le dichiarazioni ufficiali di politici e tecnici, contrari a quel Dl. Del resto, con le marginalità ridotte, al netto dei costi, l’avanzo su quelle operazioni sarebbe stato enormemente inferiore alle somme richieste con il payback. Non le avrebbe solo messe in ginocchio, quelle imprese: le avrebbe costrette a chiudere.

Ora c’è tempo fino al 15 gennaio per provare a fermare una mossa suicida che improvvisamente riemerge. È quella la data entro le quali le imprese fornitrici dovranno pagare il loro presunto debito con lo Stato. Se non sarà fermata, ci saranno chiusure di medie e piccole imprese, licenziamenti nelle grandi, un aumento dei costi per provare a recuperare perdite e accantonare soldi per futuri payback, l’azzeramento di un settore industriale, la riduzione degli investimenti, il rischio elevatissimo di difficoltà di approvvigionamento per gli ospedali e, ultimo fattore ma il più importante, la riduzione delle possibilità di cura di un numero crescente di pazienti.

Forse, più che affossare un sistema industriale, sarebbe meglio pensare a una governance migliore dei dispostivi medici, con un modello di gestione assimilabile a quello dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco). In ogni caso la politica deve intervenire con le modalità nobili del suo ruolo. Risolvere un problema che non è delle singole imprese, ma dell’intero sistema e che ha al centro la cura delle persone. I parlamentari della Regione e Viale Aldo Moro ascoltino la nostra preoccupazione e intervengano presso il Governo.

Photo credits: Ansa.it


2 pensieri riguardo “«Il Biomedicale messo in ginocchio dal Dl aiuti bis»

  1. ma si tratta per caso di quello stesso governo che ha foraggiato con 20 mld di euro l’acquisto di vaccini di non comprovata efficacia da aziende tutte estere ??(ce ne fosse stata almeno una italiana fra i beneficiari…) ,oppure l’acquisto anche qui per centinaia di milioni di Euri, di mascherine provenienti dalla cina fatte di carta straccia riciclata e senza nessuna barriera contro i virus??? oppure dell’acquisto di famigerati banchi a rotelle forse in sostituzione di quelle mancanti nella testa di chi ne ha deciso gli acquisti??? MA NO SICURAMENTE MI STO SBAGLIANDO, avro’ sicuramente letto delle fake news o acquistato giornali male informati. o prezzolati, che diamine vuoi che sia esistito veramente un governo cosi’ sbullonato di testa?? ma per favore…

    Andrea carloni

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