Donini: «Garantire la salute non è attività da ragionieri»

«Mettere in sicurezza i conti è un valore: la Regione lo farà anche nel ‘22, nonostante lo sforamento Covid, non coperto dallo Stato, e il caro bollette. Sul payback, con Bonaccini e la Giunta, siamo i primi a voler la convocazione urgente di un tavolo Governo, Regioni e imprese che possa andare incontro alle ragioni delle realtà imprenditoriali del Biomedicale. Ancora prima avvieremo un confronto con le parti sociali e gli enti locali nel Patto per il lavoro e per il clima dell’Emilia-Romagna»

di Raffaele Donini, assessore alle Politiche per la salute, Regione Emilia-Romagna


Egregio direttore, ho letto con grande attenzione l’intervento (qui) di Antonio Sammali, presidente di Medstep Srl, imprenditore e azienda di un comparto – il biomedicale – fondamentale per l’economia regionale e nazionale. Senza alcun dubbio, una delle eccellenze che esprime l’Emilia-Romagna.

Prima di entrare nel merito del tema da lui sollevato, faccio una premessa: mettere in sicurezza i conti della nostra sanità pubblica per noi è un valore, non una mera attività ragionieristica. Perché garantire il diritto alla salute, sui fronti della prevenzione, della cura, dell’assistenza territoriale e della ricerca, non può che partire da un’organizzazione efficace ed efficiente, che stiamo cercando di recuperare a pieno dopo una pandemia mondiale senza precedenti. Sia per ciò che riguarda il recupero delle prestazioni sospese sia per condividere una riorganizzazione che risponda ai nuovi bisogni di salute. Ma lo si può fare con bilanci in equilibrio, e così sarà anche quest’anno nonostante la mancata copertura delle spese Covid da parte dello Stato, cui abbiamo rimediato con 1 miliardo di euro dal bilancio regionale nel triennio 2020-22, e il caro bollette.

Vengo al tema del payback, sul quale siamo impegnati insieme al presidente Bonaccini e alla Giunta regionale. E anche su questo voglio essere altrettanto chiaro: rispetto alle istanze che arrivano alla Regione, siamo i primi a voler la convocazione urgente di un tavolo nazionale, condiviso con Governo, Regioni e imprese, che approfondisca a livello giuridico, economico e sanitario la questione, e che possa andare incontro alle ragioni delle realtà imprenditoriali del settore biomedicale. Ancora prima, però, noi vogliamo fare la nostra parte: avvieremo quindi subito un confronto con tutte le parti sociali e gli enti locali nel Patto per il lavoro e per il clima dell’Emilia-Romagna.

Mi creda dottor Sammali: noi non ci sentiamo in contrapposizione con le vostre aziende, anzi vogliamo discutere col Governo per trovare insieme una soluzione al problema, che è un problema nazionale. E nessuno pensi di poterci mettere in contrapposizione con voi, in una terra che vede proprio nel confronto e nella condivisione con tutti gli attori sociali, a partire da chi lavora e da chi il lavoro lo crea, il suo tratto distintivo.

Allo stesso modo, nessuno pensi che la Regione Emilia-Romagna voglia fare cassa o risolvere i problemi finanziari legati al mancato rimborso delle spese Covid ed energetiche con fondi straordinari, eccezionali e di dubbia riscossione.

Siamo convinti che il settore biomedicale non possa subire una misura come il payback. Piuttosto, crediamo servano risorse adeguate e strutturali da parte dello Stato sul Fondo sanitario nazionale, e che vengano riconosciute alle Regioni altre risorse o la possibilità di trasformare in un piano pluriennale di ammortamento i costi Covid ed energetici che lo Stato non fosse in grado di rimborsare.

Ma i problemi non si risolvono certo mettendo in ginocchio aziende come la vostra.

Mi permetta, però, anche di puntualizzare il quadro normativo per il quale si debba parlare di una questione nazionale. Quando si parla di payback in ambito di dispositivi medici, si fa riferimento a una legge dello Stato, la 111 del Luglio 2011, Governo Berlusconi, il cui contenuto normativo introduceva un tetto di spesa per i dispositivi medici sostenuta dal Servizio sanitario nazionale.

Il decreto legge 78/2015, Governo Renzi, disponeva conseguentemente che anche le aziende fornitrici fossero richiamate a concorrere allo sforamento del tetto di spesa, prescrivendo una partecipazione privata pari al 40% per il 2015, al 45% per il 2016 e al 50% a decorrere dal 2017.

Una norma finora mai applicata, ma che il Governo Draghi ha invece inserito in un decreto di luglio 2022 prevedendone l’applicazione, anche a parziale contributo finanziario nei confronti delle Regioni per l’esercizio 2022, in considerazione dell’ingente spesa da esse sostenuta per far fronte alla pandemia e alle maggiori spese energetiche, entrambe – lo voglio ribadire con forza – non rimborsate in maniera adeguata e sufficiente dallo Stato.

A norma di legge, quindi, la riscossione del payback per le Regioni è un atto dovuto. In caso contrario sarebbe inevitabile la contestazione di danno erariale a carico delle Regioni stesse. 

Per ciò che ci riguarda non abbiamo mai taciuto, nell’ambito della Conferenza delle Regioni e nei rapporti col Governo, le diverse incognite e contraddizioni del payback dispositivi medici: in primo luogo per la prevedibile serie di ricorsi da parte delle aziende coinvolte, che rendono la posta a bilancio di non immediata e certa riscossione. In secondo luogo, per il carattere straordinario, e non strutturale, di tale introito.

Viceversa, noi siamo convinti che oggi la sanità pubblica necessiti di fondi strutturali e non di entrate straordinarie per coprire le spese sanitarie.

L’Emilia-Romagna, però, non è sola: è una delle 17 Regioni che hanno superato il tetto di spesa per i dispositivi medici. Questa situazione era pressoché inevitabile dato che tale tetto di spesa, fin dalla sua istituzione, è risultato meno capiente della spesa storica per i dispositivi medici di questa Regione.

Si badi bene, inoltre, che il tetto di spesa fa riferimento esclusivamente alla spesa della sanità pubblica e non a quella privata, e risente in modo significativo della mobilità attiva delle Regioni, soprattutto in ambito ospedaliero e chirurgico: come noto, infatti, sono tantissimi i cittadini di altre regioni che scelgono di curarsi in Emilia-Romagna.

Per questo il tetto impatta maggiormente sulle Regioni che hanno una forte sanità pubblica ospedaliera e territoriale, e che sono molto attrattive anche per i cittadini che non ne siano residenti, soprattutto per la cura e per interventi chirurgici di alta complessità che richiedono ingenti spese sanitarie in farmaci e dispositivi medici. 

Non a caso regioni che hanno un sistema di sanità pubblica esteso, diffuso e attrattivo paragonabile al nostro, producono sforamenti che sono superiori, o addirittura più di due volte tanto quelli della nostra Regione. Nonostante l’attenzione che mettiamo nell’appropriatezza della spesa per i dispositivi medici, supportando le Aziende sanitarie con gruppi di lavoro multidisciplinari dedicati, mantenendo l’equilibrio tra economicità e miglioramento delle prestazioni LEA e garantendo un bimestrale monitoraggio dei dati di spesa e consumo al servizio del governo dei dispositivi delle direzioni aziendali. 

A maggior ragione, ribadisco come la Regione intenda adoperarsi in sede nazionale per una soluzione che rafforzi in maniera strutturale il sistema sanitario, non attraverso misure che rischiano di essere estemporanee e non efficaci. Garantendovi la massima disponibilità a lavorare insieme per arrivare alla soluzione migliore.

Photo credits: Bruno Valeriani/Ufficio Stampa Regione Emilia-Romagna


Un pensiero riguardo “Donini: «Garantire la salute non è attività da ragionieri»

  1. Gentile Assessore, la ringrazio per la sua risposta. Sentire finalmente da una così autorevole fonte istituzionale che siamo tutti dalla stessa parte, mi creda, rassicura molto. E lei fra l’altro è il primo assessore alla Sanità in Italia che parla del problema “payback” e ne parla con spirito non punitivo ma collaborativo. Mi sento che vi è ancora una speranza per noi. Noi operatori tecnici e commerciali del settore biomedicale lavorando abbiamo sviluppato un forte senso di responsabilità e dedizione nei confronti delle persone fragili e la nostra oscura attività, svolta seppur in situazioni complesse e pericolose durante la pandemia, ne è stata specchio fedele. Spesso a fianco a medici e infermieri c’eravamo noi. Questo stesso senso di responsabilità ci rende consapevoli che le difficoltà vanno affrontate e risolte assieme. La “deadline” indicata dalla normativa è vicina. Apprezzo molto l’impegno del Tavolo con tutte le parti coinvolte ma sarebbe necessario legiferare in fretta perché il tempo è veramente breve, mancano pochissimi giorni. Un’ultima annotazione. Ho imparato molto dalla sua lettera, ho imparato di norme procedure e altro. La ringrazio per questo e sarebbe cosa utile poter aver ancora possibilità di confronti anche solo informativi perché soltanto quando ci si conosce si evitano i conflitti.

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