La Sinistra ha senso se parla e agisce come forza socialista


Nascere in Italia, ma soprattutto in Emilia-Romagna, è stata un’opportunità formidabile per le generazioni che hanno potuto crescere in un capitalismo non ancora selvaggio, ingentilito dalla democrazia sociale delle forze riformiste vincitrici sul fascismo. Ci sono varie anime nel quadro costituzionale. Stare dalla parte del popolo e dell’uguaglianza è il modo per battere una destra che incarna nazionalismo e individualismo. Il Pd scelga: la contrapposizione tra ex Pci e ex Dc non ha più senso

di Giampiero Moscato, direttore cB


Non sono un ideologo. Tantomeno un filosofo o uno scienziato della politica. Sono piuttosto uno del popolo (e in questa veste scrivo) che, grazie ai sacrifici di mamma e papà, ma soprattutto al felice incontro tra i grandi riformismi della seconda metà del ‘900 (senza i quali i miei non ce l’avrebbero fatta in tempi meno progressisti) ha potuto fare qualche passo fortunato di emancipazione, nella vita.

Sono un boomer: un figlio del miracolo economico italiano. L’intesa tra il cattolicesimo sociale e il riformismo socialista, liberale e repubblicano ammorbidì le pretese del capitalismo di importazione statunitense (con i soldi del Piano Marshall, liberati dalla vittoria della Dc sul Pci), ma soprattutto coniugò le istanze di democrazia sostanziale che da quelle componenti diverse dell’arco costituzionale giungevano. Sottrasse via via Botteghe Oscure dal dominio sovietico, indirizzò sulla strada della laicità Piazza del Gesù, a dispetto dell’influenza vaticana su gran parte della popolazione.

Negare che si sia vissuto in uno dei periodi migliori e in uno dei Paesi più felici della storia è un esercizio di stile che non mi è mai piaciuto. L’incontro tra Dc e Pci, anziché sfociare nella guerra civile e nello scontro tra i due blocchi sulla nostra pelle, produsse un intreccio politico di rara efficacia e di inedita giustizia. Eravamo un popolo di emigranti e di affamati. Diventammo una delle più grandi, e più giuste, potenze economiche.

Credo sia logico pensare che stare divisi facesse molto bene sia ai democristiani sia ai socialcomunisti, come si diceva di loro in quegli anni. La fusione a freddo di due anime contigue ma molto distinte del riformismo ha prodotto quello che ora appare come un disastro senza troppe speranze: il Pd.

Io, che sono persona di popolo, non riesco però a non vedere che in questi anni quel partito ha provato a salvare (pagandone un prezzo enorme in termine di consenso) i residui livelli di un welfare che sarebbe stato destinato alla scomparsa (vedasi alla voce Grecia) se avesse ceduto al liberismo, così di moda, e agli attacchi che al vecchio mondo giungono dalla concorrenza di potenze emergenti, meno attente di noi all’uguaglianza, alla fraternità e soprattutto alla divisione dei poteri.

Ma tanta parte di quel popolo ha virato altrove. Insegue chi fa promesse, più o meno possibili (meno, dai…) per farla riemergere dall’impoverimento culturale ed economico in cui la lunga crisi l’ha ricacciata. Difendere un Paese che non esiste più, perché non ce la fa, non ha senso se si lascia indietro chi fatica ad arrivare a fine mese. Il socialismo (non quello reale, sia chiaro), quello capace di coniugare democrazia a giustizia sociale, ha in sé le parole chiave per riavvicinare chi insegue sirene che portano a flat tax o a pur giuste prebende ma non a posti sicuri di lavoro.

I diritti sono sacri. Ma ogni diritto privato ha più forza se si rafforza il diritto al lavoro, primaria fonte della dignità. Ci sono emiliano-romagnoli in campo per la segreteria del Pd, che può essere ancora la forza trainante del centrosinistra. In questa regione, che dopo la guerra era tra le più povere d’Italia, un patto per il lavoro ha costruito il welfare migliore della nazione. L’incontro tra Dossetti e Dozza (quante volte lo abbiamo letto sul Cantiere) fu l’apice a Bologna di un’intesa tra due idee di giustizia e di emancipazione sociale. Qui il “comunismo” non produsse i gulag: inventò gli asili nido. La cooperazione, rossa e bianca e verde, creò lavoro e benessere. Qui le imprese private hanno scelto più che altrove la via della concertazione con i dipendenti.

Stefano Bonaccini, Paola De Micheli, Elly Schlein (in ordine alfabetico) sono legati a questa terra, dove hanno fatto le loro lotte politiche. Parlino di socialismo. Un pensiero che, da noi, ha saputo dialogare proficuamente per tutti con le altre parti democratiche. Ma che non può tollerare un Jobs Act. Le alleanze sono più facili tra forze dalle identità chiare e distinte, più capaci di elaborare grandi idee.

Photo credits: Ansa.it


3 pensieri riguardo “La Sinistra ha senso se parla e agisce come forza socialista

  1. Il PD e’ in grave crisi al suo nascere non ha fatto i conti con la l’azione di Antonio Gramsci e con il compromessi costituzionale;Ha prevaso il cinismo ignorante di una operazione di vertice;ora c’è” la vergogna del Quatar; siamo sfortunati

  2. Una buona premessa, condivisibile; socialismo vuol dire superamento del capitalismo, si può pensare che questo PD si ponga questo obiettivo? Penso di no; se riesce ad attestarsi sulla piena applicazione della Costituzione con la miscelazione dei suoi principi con gli obiettivo dell’UE per il 2050 per azzerare le emissioni di CO2 sarebbe già una rivoluzione. Resta comunque un vuoto teorico: io penso che serva una forza di sinistra popolare che con l’occhio che guarda lontano si immagini l’eco-socialismo. Questo ci aiuterebbe ad evitare che l’involuzione teorico-politica della nostra regione si rivolti contro il futuro; che si stabilizzi come forza di conservazione di questo “status quo”.
    Ugo Mazza

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