«Cospito e il carcere duro, meglio abbassare i toni»

«Bologna da sola sembra aver raccolto il 10 per cento delle firme all’appello che chiede la revoca della detenzione 41 bis per l’anarchico del Fai, condannato per aver gambizzato un dirigente Ansaldo e all’ergastolo (non definitivo) per l’attentato con bombe a una caserma allievi carabinieri che fortunatamente non fece vittime. Sarebbe bene attendere le pronunce della Cassazione e della Corte Costituzionale. Lui non si è pentito e desidera con tutte le sue forze che “ i potenti vivano nel terrore”»

di Valter Giovannini, ex procuratore aggiunto di Bologna


In questi giorni le prime pagine dei giornali sono colme di notizie riguardanti lo sciopero della fame portato avanti, ormai da alcuni mesi, da Alfredo Cospito, anarchico riconducibile all’organizzazione Fai (federazione anarchica informale) condannato, in via definitiva, per avere sparato alle gambe di un dirigente d’azienda, nonché gravato da altra condanna, non definitiva, all’ergastolo per un attentato, qualificato come strage – essendo un reato di pericolo non richiede necessariamente eventi letali – alla caserma allievi carabinieri di Fossano all’esito del quale, fortunatamente, non vi furono vittime o feriti.

Per questa seconda vicenda è da tempo sottoposto al cosiddetto “carcere duro” regolato dall’art.41 bis dell’ordinamento penitenziario. Si tratta di una misura eccezionale applicata a gruppi di detenuti particolarmente pericolosi o a singoli detenuti, come nel caso di Cospito, ritenuti in grado di agire con altrettanta pericolosità attraverso soggetti esterni non ancora individuati.

La procedura di applicazione è estremamente rigorosa e garantita dal giudizio finale espresso dal Tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione del soggetto gravato dal provvedimento. L’applicazione e il mantenimento del regime 41 bis nei confronti di Cospito attendono ben due valutazioni giudiziarie; una da parte della Corte di Cassazione e l’altra da parte della Corte Costituzionale. Dato per scontato che ogni soggetto è libero di adottare tutte le condotte che ritiene utili per protestare contro un provvedimento che valuta come ingiusto, all’esterno del carcere sarebbe forse meglio attendere le pronunce giudiziarie prima di sottoscrivere appelli (a Bologna sembra che le firme raccolte siano il 10% del dato nazionale) che, paradossalmente, potrebbero addirittura nuocere alla causa del detenuto.

In ogni caso non si può sottacere che Cospito non ha mai mostrato segni di pentimento o dissociazione dal suo percorso “rivoluzionario”, che anzi in occasione dei processi cui è stato sottoposto è stato da lui rivendicato anche scrivendo «la rivoluzione la può fare solo chi ha il diavolo in corpo e non ha paura della parola terrorismo perché desidera con tutte le sue forze che i potenti vivano nel terrore…». È forse il caso di notare che i cosiddetti potenti sarebbero, nel caso in esame, un dirigente d’azienda e i giovani allievi carabinieri della Caserma di Fossano oltre, forse, ad alcuni giudici indicati come «porci togati».

Se questo è il quadro generale non si vede perché si debba revocare il 41 bis nei confronti di Alfredo Cospito. Non pochi invocano un atto di umanità verso una persona che starebbe rischiando la propria vita in un momento in cui è affidato alla custodia dello Stato. Ma lo Stato sta garantendo nei confronti di costui tutte le cure necessarie, anche attraverso il trasferimento in una diversa struttura penitenziaria meglio attrezzata sotto il profilo sanitario. Inoltre, se e quando le condizioni del detenuto dovessero ulteriormente peggiorare, le norme prevedono che si possa anche intervenire attraverso trattamenti sanitari coatti che, se il detenuto fosse ancora capace di intendere e volere, potrebbero ovviamente essere rifiutati.

Non si può ancora tacere sulla campagna nazionale e internazionale portata avanti, per adesso, solo con scritte e atti incendiari attraverso la quale si vorrebbe ottenere il declassamento del regime penitenziario a favore di Cospito. Nessuna sconfessione o parola di condanna è stata da lui pronunciata per simili episodi, compreso quello assai grave compiuto in danno di una funzionaria della nostra ambasciata di Atene.

In presenza di un simile clima lo Stato, che precede ed esiste a prescindere e al di sopra di qualsiasi governo temporaneo per legge, cosa dovrebbe fare? Aprire una trattativa? Patteggiare nell’ombra? E poi con chi, visto che l’anonimato e l’inafferrabilità sono le caratteristiche dell’internazionale anarchica schierata con Cospito? Da ultimo, a prescindere dalla divulgabilità o meno di quanto contenuto in una nota giunta al Ministro della Giustizia circa colloqui tra Cospito e pericolosi esponenti della criminalità mafiosa, non si dovrebbe confondere il dito con la luna. Il problema non è appunto il dito e cioè l’avere rese pubbliche circostanze che peraltro forse già circolavano in alcune redazioni, ma la luna e cioè la strumentalizzazione che i mafiosi in regime di 41 bis potrebbero fare della legittima protesta di Cospito il quale, a quanto si legge, ormai vorrebbe intestarsi la battaglia abolitiva del carcere duro a favore di tutti i sottoposti, mafiosi compresi.

Penso quindi che abbassare, e di molto, i toni in attesa delle pronunce giudiziarie sarebbe necessario e soprattutto utile al nostro Paese.

Photo credits: Ansa.it


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