Ma non è meglio che le persone siano moltissime?

C’è una costante che sfocia nell’insopportabile quando si parla di 25 aprile a Bologna. Ci si dimentica del valore incredibile che mantiene per la città anche grazie a quelle persone che vengono trattate come se fossero un disturbo numerico di cui prendersi cura e che si vorrebbe mandare “fuori” dai confini del centro

di Andrea Femia, consulente digitale cB


C’è una costante che sfocia nell’insopportabile quando si parla di 25 aprile a Bologna. Ci si dimentica del valore incredibile che mantiene per la città anche grazie a quelle persone che vengono trattate come se fossero un disturbo numerico di cui prendersi cura e che si vorrebbe mandare “fuori” dai confini del centro.

Gli esseri umani che hanno voglia di riunirsi in una strada, stare accalcati, non lo fanno perché sono tutti impazziti e non aspettano altro che cali il sole per poter fare pipì in ogni angolo possibile e immaginabile onde evitare di farsela addosso. Ci si riunisce per condividere le strade che, banalmente, sono prima di tutto di chi ha voglia di viverle. Deve essere così, soprattutto perché sappiamo tutti benissimo che non è più cosa frequente, e queste rarissime occasioni in cui le singole strade sono teatro di unione umana ce lo ricordano.

Ho trovato profondamente ingiusto – parere personalissimo – che i bar e le varie attività abbiano dovuto chiudere prima del calare del sole. Mi è sembrato un atteggiamento ostativo per salvaguardare bene non si sa bene chi o cosa. Forse chi voleva dormire, ma spero che nessuno vada a dormire alle 19, se non chi lavora di notte. Per non parlare delle transenne.

Ma allora a quel punto che fai, fai chiudere i locali sempre così presto? Ha davvero senso spegnere una strada, perché poi di quello che si tratta, proprio nel giorno più rappresentativo per la strada stessa?

Per non parlare delle transenne. Gesù.
È sembrato che tra le istituzioni e gli organizzatori non potesse che esserci questo braccio di ferro tipico delle spaccature più naturali possibili a sinistra, in cui quello più di sinistra dice a quello più moderato che è un fascista, e quello più moderato dice a quello più di sinistra che è un pisciatore pazzo.

E in realtà eravamo tutti lì, anche chi non sapeva di esserlo, perché siamo uniti profondamente da quando siamo nati sotto la bandiera dell’antifascismo, per cui se la si smettesse di trattarsi come fanno i bambini quando si tirano i capelli magari sarebbe meglio per tutti.

La destra, spesso estrema, è al governo, le istituzioni nazionali hanno sputato addosso al 25 aprile per giorni, c’era davvero bisogno di farsi la guerra al Pratello?

No, non c’era nessun bisogno, ve lo dice uno che stava, anche con un inaspettato senso di appartenenza umana, dentro un circolo del Pd che, in quel giorno, ha anche ospitato quelle persone che non mantenevano più i loro bisogni chiedendo se per favore potessero usare il bagno.

È quello che si fa tra le persone che si vogliono bene anche quando non si conoscono, ci si riconosce simili, ci si riconosce vicini, anche quando per rispetto ai ruoli della teatralità shakespeariana che uno assegna alla sua stessa vita c’è bisogno di vedersi come diversi e distanti.

Abbiamo una fortuna, in questa città più che altrove. C’è una strada in cui anche chi non sa assolutamente cosa sia successo il 25 aprile del 1945, si ritrova. Capisce che è una cosa che lo potrebbe identificare. Capisce che è meglio di tanto altro. Capisce che è un fenomeno sociale oltre che storico, perché è questo quello che succede agli eventi che non si incancreniscono. E dopo aver capito questa roba, magari dopo aver bevuto qualche birra più del solito, senza dubbio, quella giornata se la ricorda perché gli ha lasciato qualcosa dentro.

E se qualcuno mette in contraddizione le birre, o il vino in più con il senso stesso della festa, allora francamente devo costringermi a immaginare che quel qualcuno non sia mai stato a una festa dell’Unità, o in piazza San Giovanni a Roma quando l’1 maggio era una roba serissima e sentitissima da tutti (appunto), o che non abbia mai festeggiato un natale in famiglia, o che magari vive la sua vita ricordandosi che mai, e poi mai, si devono superare gli 0,33l di birra previsti dalla convenzione degli imbottigliatori.

O che, semplicemente, quel qualcuno non abbia di meglio a cui pensare.

Smettetela, per cortesia, di narrare questi eventi con la rabbia di chi non tollera.

È snervante.

Con il massimo rispetto.


5 pensieri riguardo “Ma non è meglio che le persone siano moltissime?

  1. Sul 25 aprile condivido le tue riflessioni, soprattutto sulla trappola in cui cadiamo sempre della inutile polemica a sinistra su approcci diversi a contenuti condivisi mentre la destra devasta i contenuti, ma non riesco a non considerare le ragioni di residenti che sono esasperati, non certo dai festeggiamenti del 25 aprile bensì da tutti i sabati sera e le domeniche mattina in cui diventa impossibile dormire (e non certo alle 19) e disgustoso quanto non pericoloso (per i vetri frantumati) uscire la mattina presto. Penso anche agli esercenti che la mattina presto devono aprire le attività anche la domenica. Lì forse una proposta di diluizione della “offerta di movida” anche in altri luoghi della città non sarebbe male, anche per dare vita ad altre porzioni di territorio urbano.

    1. Concordo. Abbiamo periferie deserte senza un bar aperto, con rare pasticcerie… Bologna non è solo le Due torri. Bologna è anche la Bolognina, A. Costa, la Croce, Borgo Panigale, S Ruffillo, Le Due Madonne, il Bitone, il Pontevecchio, il Grattacielo, S. Donato, ecc ecc. Ci sono vie caratteristiche, Chiese antiche o nuove che nessuno fotografa, giardini, parchi, ville liberty… E tanto altro.

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