Bologna a 30 all’ora: il rischio di restare uno slogan

Una città che non è riuscita a far rispettare i 50 fallirà se abbassa la soglia del codice addirittura di due quinti, quando non abbiamo metro, tram e parcheggi a livello di Zurigo o Bordeaux.  Laddove si fa sul serio c’è un autovelox ogni cento metri. In città ne abbiamo solo due, in viale Panzacchi e via Stalingrado.  La certezza della pena è la premessa necessaria per far rispettare la legge e se non ci si riesce si fa brutta figura. Farla per un’idea meravigliosa sarebbe un suicidio politico

di Giampiero Moscato, direttore cB


Il bello di uno slogan efficace è che riesce a far entrare nella testa della gente il messaggio. Il brutto è che obbliga a mantenere la promessa. “Bologna a 30 all’ora” è slogan potenzialmente bellissimo: enuncia sintetico un programma che, realizzato, renderebbe la città migliore, sicuramente meno mortale.

Provo a sintetizzare cosa pensano alcuni promotori nel dibattito, organizzato da Incontra Bologna, al quale fui invitato il 28 aprile alla Casa del Gufo, quartiere Savena. Mi riferisco ad Arianna Baroni (30logna, una città per tutt*), Enrico Giangiorgi (ingegnere civile-trasporti, Pillole di tram), Andrea Colombo (esperto di mobilità sostenibile, Fondazione Innovazione Urbana). Tra i perplessi, con me, va messo il quinto contraddittore, Alessandro Solazzo, autista Tper. Chiedo a loro, se avranno voglia, di scriverci per spiegare meglio cosa succede con questa frenata collettiva.

Il progetto è affascinante e ridurrebbe di pochissimi km/h la media dei nostri percorsi, già molto bassa per il traffico. Si ridurrebbero gli incidenti (soprattutto morti e feriti), si inquinerebbe di meno. Fatti sicuramente veri. C’è un altro aspetto che rende la promessa appetibile. Per una volta (Colombo insiste sul punto) un piano traffico non introduce divieti come Ztl, Rita, fasce orarie. Ci si muove con il mezzo che si vuole e si va ovunque sia ora consentito. Cala solo la velocità consentita, in realtà solo la massima. È la media quella che conta e gli studi dimostrano che nelle città a 30 all’ora scende di meno del dieci per cento. Messa così è difficile dirsi contrari: è idea di civiltà. Troppe morti (soprattutto nei centri abitati) dicono che spingere sul pedale è pericoloso.

Mi sono dichiarato favorevole a un piano del traffico con queste logiche intenzioni. Ho però fatto notare cosa manchi a Bologna, prima grande città a proporre i 30, per mantenere la promessa e cosa rischi dunque la giunta. Da noi manca una rete di trasporti come quelle di Bordeaux, Amsterdam, Bruxelles. Non abbiamo metro (sciagurata fu l’idea di dirle di no), la prima pietra della prima linea del tram (la seconda non è ancora finanziata) è stata posata il 26 aprile mentre sono in corso le lunghe ristrutturazioni dei ponti di Borgo Panigale e Sasso Marconi. Non abbiamo una rete di parcheggi all’altezza delle città più verdi, quelle infrastrutture che tolgono le auto dalle strade, riducono il traffico, consentono a chi ha bisogno di muoversi come si fa a Zurigo e a Tolosa. Aggiunsi che il Servizio ferroviario metropolitano – di cui qualche giorno fa è stato annunciato il potenziamento (ma leggete qui il fact checking di Volt) – potenzialmente una Circle Line su binari, abbia poche corse e costringa chi va da San Ruffillo a Casalecchio a scendere al Piazzale Est, fare centinaia di metri e piedi, prendere un altro treno al Piazzale Ovest. Lo scrisse Emanuele Caprara (qui) il 19 gennaio ’22. 

Aggiunsi che non basta della vernice sull’asfalto per fare una pista ciclabile (la tangenziale delle bici sui viali è un colpo di genio ma su via Saragozza e via Murri è disegnata una “voglia” di ciclabile senza sicurezza) e che è stato un grave errore consentire i percorsi contromano alle bici. Anche perché si è mandato un messaggio sbagliato, dividendo i viaggiatori in buoni (quelli a due ruote “ovviamente” i migliori) e in cattivi (pessimi gli automobilisti). Colombo citò, quella sera, una nuova norma del codice della strada inglese: tutti i viaggiatori devono avere cura della sicurezza altrui, ma chi guida un mezzo più grosso ne deve avere di più. Giusto, verrebbe da dire. No, ha risposto secco Solazzo: «Se un ciclista si butta a 30 all’ora sulle strisce e mi costringe a inchiodare il bus faccio cadere 60 passeggeri, tanti anziani, anche se vado ai 25. Chi subisce più danni?». Già.

Il mio timore è che una città che non riesce a far rispettare i 50 fallirà se abbassa la soglia del nostro codice addirittura di due quinti. Laddove si fa sul serio (provate a noleggiare un’auto in Gb) c’è un autovelox (vero o finto) e una sagoma di vigile ogni cento metri. Da noi abbiamo solo due autovelox urbani, viale Panzacchi e via Stalingrado, che appaiono più trappole mangiasoldi che un vero tentativo di ridurre le velocità. La certezza della pena è premessa necessaria per far rispettare la legge (quando si vede un accertatore della sosta quelli che parcheggiano in seconda fila spariscono, fateci caso) e se non ci si riesce si fa brutta figura. Farla per un’idea meravigliosa (ma servirebbe fare molte cose prima di annunciarla, non si parte dalla fine) sarebbe un suicidio politico.

Photo credits: Corriere di Bologna


7 pensieri riguardo “Bologna a 30 all’ora: il rischio di restare uno slogan

  1. Bello il tema , la soluzione attraente, ma è, a mio parere, purtroppo solo e profondamente demagogica. Nelle zone a maggiore concentrazione di traffico, i 30 km/h sono un sogno, si rimane bloccati per lunghi periodi di tempo producendo un tasso di inquinamento “cinese”. Nelle ore non di punta i 30 km rimangono un limite irraggiungibile per la presenza dei semafori , se si escludono le zone periferiche di poca trafficabilita dove , è vero, il solito cretino si esalta e spinge il pedale ben oltre i 50 km consentiti. Mi chiedo come un tema così complesso e che necessità di una profonda analisi e di una programmazione su tempi lunghi ci si illuda di poterlo risolvere con un colpo di bacchetta magica. Ovviamente nulla risolverà i 30 Km anzi, per ovvie ragioni facilmente intuibili, come nulla ha risolto la ciclabile sui viali, che ha avuto come effetto l’aver intasato ancora di più le arterie affluenti ai viali vedi San Mamolo ,( via disgraziata e maledetta bloccata la mattina dal rallentamento del verde semaforico post ciclabile e altresì bloccata la notte dal parcheggio selvaggio libero senza regole agevolato dalla assoluta mancanza di controllo). Fra l’altro la ciclabile è osteggiata spesso dai ciclisti “professionisti” che si sentono evidentemente ridicolizzati (?) a percorrerla preferendo i viali. Non rigetto l’idea della ciclabile anzi, ma una attenzione alle zone nevralgiche dove essa rallenta il flusso automobilistico, ci sarebbe dovuto essere. Il fallimento delle politiche della viabilità degli anni scorsi non possono essere risolti con un colpo di genio dei 30 Km , fosse così semplice. È vero vi sono città europee con il limite dei 30 (vedi Parigi) ma hanno una rete di trasposti alternativa ed efficiente cosa che a Bologna manca. Bello il tram in periferia ma che lo si accetti o meno è il centro il grande sofferente , è il centro la vetrina della Città. In questi anni tante città italiane sono migliorate nella viabilità , si pensi al meraviglioso trenino di Firenze alle linee di metropolitana di Roma e Milano a Torino ecc, Bologna ahimè è rimasta al palo e i 30 Km nulla risolveranno , i dissuasori a poco serviranno se non a rallentare un traffico già… fermo! Spero di sbagliarmi , aspetto con ansia una programmazione della viabilità del Centro che funzioni e che sia efficiente e non una programmazione punitiva per le auto , perché in auto ci si va perché non si hanno alternative , chi va in bici e può andarci, spesso è un privilegiato per il lavoro che svolge e per la sua qualità della vita che glielo permette. Io , ad esempio, non posso permettermelo

  2. Intanto è spuntato il cartello del limite 30 nel Viale Cavina (fra rotonda Bellaria e rotonda cimitero Polacchi); stradone di collegamento a tangenziale a 3 corsie per ogni senso di marcia. Capirne il senso ?

  3. Non direi che “per fare la Città 30 servono prima la metro e il tram” (e poi, si sostiene nell’articolo, magari pure l’SFM…). La Città 30 significa guidare più piano, non significa lasciare l’auto a casa e prendere i mezzi. Smettiamola di rimandarla alle calende greche. Tram e SFM serviranno a rendere più appetibile il trasporto pubblico, la Città 30 serve a rendere meno letale il trasporto privato. Sono due ambiti diversi, per fare l’uno non serve aspettare l’altro.

    Non direi che siano stati regolarizzati “i percorsi contromano alle bici”, perché a Bologna non esiste nessun percorso contromano: sono tutti percorsi correttamente realizzati sulla destra (ricordo che in Italia “contromano” significa “a sinistra”…), in pieno rispetto del codice della strada (che le definisce esplicitamente “corsie per il doppio senso ciclabile”), e in piena analogia con identiche realizzazioni in tutta Europa (comprese città enormi e trafficate come Parigi: non mi si dica che anche da noi per fare i doppi sensi ciclabili ci voleva prima la metro?). Aggiungo che, mentre i doppi sensi ciclabili esistono in via Guerrazzi e via Galliera, piangiamo vittime della strada in mesi recenti in via della Pietra e via Azzurra: segno che i capri espiatori, alla prova dei fatti, non funzionano.

  4. se non ricordo male, quando s’insediò l’allora Ass. al traffico, disse che on avrebbero più messo autovelox… (il sottoscritto ha preso due contravvenzioni in Stalingrado e ha imparato a rispettare i limiti; in questa ottica sarebbero davvero utili, se la Giunta avesse una visione al di là della troppe parole…)

  5. Sono particolarmente d’accordo sulla volontà e capacità sanzionatoria in combinazione con quella di educare che da sola non basta

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