Cambiamenti veri, non comode narrazioni

Era ora che qualcuno prendesse il coraggio di buttare nel dibattito depressivo svolto sinora la forza di proposte. Emily Clancy, consigliera comunale di Coalizione Civica per Bologna, attraverso Cantiere Bologna lancia una sfida alla città, la sfida delle idee. Un programma alto, obiettivi difficili da raggiungere che forse, chissà, Bologna potrebbe davvero porsi

di Paola Bonora, già docente ordinaria di geografia all’Università di Bologna


Nei quotidiani di lunedì finalmente due buone novità. Un programma “Abbiamo un sogno: Bologna la città meno diseguale d’Europa” e un primato, Bologna al primo posto per qualità della vita nella classifica del Sole 24ore. I parametri sono diversi ma gli obiettivi convergono. Ero stufa di leggere, anzi ormai non leggevo neppure più, di bisticci nominalistici, cordate e contrapposizioni, indecisioni e tiri bassi. Emily Clancy, consigliera comunale di Coalizione Civica per Bologna, attraverso Cantiere Bologna, lancia una sfida alla città, la sfida delle idee.

Era ora che qualcuno prendesse il coraggio di buttare nel dibattito depressivo svolto sinora la forza di proposte. Che magari non tutti condivideranno – neppure nell’area progressista e ecologista a cui si rivolge – ma consentiranno almeno di aprire una discussione su quali obiettivi porsi, a chi pensare e rivolgersi, in quale direzione andare, cosa fare. Uscendo dal pantano di questi mesi di inutile e dannoso chiacchiericcio su chi e mai su cosa. Una griglia di proposte nitide, semplici, e per questo chiare. Che andranno dettagliate ma tracciano un quadro preciso: dalla crisi drammatica in cui siamo piombati bisogna uscirne diversi, strutturalmente diversi, come concerto di relazioni e di attenzioni, come modalità di sviluppo, come ecosistema.

Semplicità di enunciazioni che sottende in ogni modo una fondamentale e radicale inversione di rotta rispetto ai canoni che hanno guidato fin qui la crescita, ma con ciò portato anche alle crisi sempre più drammatiche e ravvicinate, quest’ultima così letale. Clancy propone che Bologna non sia solo la città meno diseguale d’Europa ma anche una delle 100 città europee carbon neutral, completamente neutre dal punto di vista delle emissioni climalteranti. Un programma alto, obiettivi difficili da raggiungere che forse, chissà, Bologna potrebbe davvero porsi.

Quantomeno se crediamo nelle valutazioni del Sole 24ore, e non c’è motivo per non crederci e non esserne orgogliosi s’intende, siamo i più virtuosi in Italia per qualità della vita e benessere. Forse grazie alla nostra “lentezza” e “pigrizia”, commenta sornione il quotidiano economico, che temperano lo spirito competitivo nello “stile gaudente”. Può darsi. L’Emilia gode di buona reputazione ma è vittima anche di qualche stereotipo. O forse, viene da commentare, pigrizia e lentezza derivano dall’abuso di calmanti e sonniferi? “Fenomeni tipici di metropoli affollate e stressate”, uno dei pochi elementi che hanno abbassato il nostro punteggio in graduatoria. Bah, gaudenti stressati, sarà.

Per il resto è un tripudio di positività, dalla sanità all’economia, redditi, consumi e entità del risparmio, offerta culturale e lavorativa, insomma tutto ciò che definiamo capitale sociale territoriale. Che avrebbe richiesto una maggiore attenzione alle disparità distributive, ma che da tempo sappiamo è una realtà consolidata in Emilia, una regione ricca e solida, con un apparato amministrativo che, nel confronto con il resto d’Italia, mantiene efficienza.

Ma anche di altri farmaci abusiamo, emerge dall’indagine, quelli per patologie respiratorie. E qui scatta il campanello d’allarme e ci ricordiamo di abitare in una delle aree più inquinate d’Europa. Un dato che evidentemente la classifica giudica poco influente sulla qualità della vita.

E allora ritorno alla diversità di parametri tra le due primazie auspicate e conclamate, ma anche alla loro possibile convergenza a cui accennavo all’inizio. Un’area che già gode di una buona configurazione è nelle condizioni ideali per progettare un futuro diverso, più salubre e più giusto.

Insomma tutti siamo persuasi che è meglio vivere qui che altrove; però respirare, redistribuire, ripensare le politiche sociali e quelle del territorio farebbe vivere molto meglio, allontanando i rischi di crisi alle viste per le generazioni future, ancor più temibili di quelle attuali. Ma siamo così pretenziosi da aspettarci da chi ci governa cambiamenti veri, non solo comode narrazioni.

Photo credits: Marco Biondi


2 pensieri riguardo “Cambiamenti veri, non comode narrazioni

  1. Davvero grazie per questo ottima e autorevole sollecitazione. È sempre più necessario che la politica – la nazionale come la bolognese -si accosti a un simile contributo di idee. Questo sarebbe il reale confronto: dall’ascolto alla produzione. È uno dei miei sogni, quando cerco di dare un’attualità da terzo millennio al meraviglioso pannello di Lorenzetti che descrive l’arte del buon governo in una allegoria di sette secoli fa.
    Ebbi grata occasione di manifestarlo e condividerlo in uno dei miei primi interventi proprio per Cantiere. Era il 23 marzo 2020. https://cantierebologna.com/2020/03/23/un-trauma-una-verita-scomoda-un-orizzonte-possibile/
    Ma vorrei ora cogliere l’occasione di questa gradita ripresa per un brevissimo approfondimento, e ricordo quindi come il capitolo 28 del documento ONU “Agenda 21” del 1992 è precisamente dedicato al ruolo e ai metodi che le comunità locali devono fare propri in vista dell’orizzonte dello sviluppo sostenibile.
    Gli anni sono passati. Altre Agende sono state vergate. L’allora Assessora Golfarelli, in carica dal 1995 al 1999, lavorò proprio in quella direzione.
    Dalla pioniera Marianella Sclavi al grande Gerardo De Luzenberger, in Italia operano professionisti eccellenti nel campo della facilitazione. Per quanto possiamo vantare una tradizione di partecipazione, credo che oggi ci possa fare bene trovare la capacità di “chiedere aiuto”. Se usata come si deve la facilitazione è uno strumento formidabile. Per capire come sia necessario riflettere sulla partecipazione basterebbe interrogarsi su un dato: nel novembre del 2019 Bologna sembrava un pullulare di rinata motivazione e partecipazione popolare e politica. Un anno dopo, alla vigilia del voto per darsi un nuovo sindaco sembra di trovarsi in un’altra città. Davvero crediamo che tutto dipenda dalla questione sanitaria?
    Con pazienza analitica e discernimento troveremo tante cose buone nelle impronte del nostro cammino civile. Credo sia questo il momento di fare il lavoro.

    Gabriele Via

  2. Resto veramente perplesso davanti a proclamazioni di sfide epocali e green quanto si parla di Consiglieri che appoggiano una giunta che avvalla People mover, passante di mezzo e una linea tramviaria senza che sia stato affrontato il tema della SFM; il traffico della tangenziale è provato che non sia di cittadini di Bologna che dalla uscita 2 vanno alla 11bis ma la percentuale più alta è di chi va da nord a sud e viceversa. Quando si smetterà di contrabbandare la mobilità sostenibile con scelte assurde allora si potrà parlare di sfida epocale. Così è chi dice la cosa più nuova rispetto a quello precedente.
    Andrea Billi

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