Se la coalizione che va formandosi in vista delle Amministrative manterrà lo spirito attuale, a Matteo Lepore e Enrico Letta sarà riuscito quello che non riuscì a Bersani con Di Pietro e Vendola dopo la “Foto di Vasto”: creare un centrosinistra unito, europeo e finalmente competitivo
di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB
Quando l’8 marzo del 1993, durante una puntata di Mixer dedicata alle vicende di Tangentopoli, Giovanni Minoli chiese a Francesco Cossiga se gli sarebbe piaciuto fare il presidente del Pds, il cugino di Berlinguer rispose sogghignando che portare il popolo comunista nell’alveo di governo del suo paese sarebbe stata una sfida affascinante.
Naturalmente nel Partitone la cosa non ebbe seguito: postmoderni sì ma con juicio, tanto più che a Occhetto il sassarese stava sull’anima, forse anche in virtù della sua storica predilezione per il rivale D’Alema, “il miglior fico del bigoncio”. Cossiga e i Pds si sarebbero ritrovati soltanto nel 2007 e nel 2009, quando alle Primarie del neonato Pd il Presidente emerito sostenne prima Enrico Letta (oh yes) e poi Pier Luigi Bersani (paura eh?), rimescolando per l’ennesima volta le carte di una carriera politica irripetibile, votata al culto dell’eccentricità.
Anche il modello emiliano è sempre rimasto eccentrico rispetto al canone progressista: un soccialismo pragmatico e convintamente riformista – recentemente lodato da un altro dc atipico come Romano Prodi – che poco aveva a che fare con il grigiore dogmatico di molto comunismo nostrano, nonché con il socialismo piacione e “cleptomane” di matrice milanese.
Di questo progressismo emiliano, previa investitura popolare, il “miglior fico del bigoncio” attuale sembra essere Matteo Lepore, che per anagrafe non può dirsi millennial, ma che indubbiamente fa parte di quella “generazione di mezzo” che nella politica postmoderna si è formata, convivendo in sequenza con i tanti volti del populismo nostrano post Tangentopoli: Berlusconi e Di Pietro, Renzi e Grillo, Salvini e Meloni. Tutti figli legittimi della dissoluzione del sistema politico della Prima Repubblica, rigido e corrotto quanto si vuole ma saldamente ancorato alle tradizioni politiche europee.
Ne è derivato il caos trentennale che tutti noi ben conosciamo e a causa del quale, a mio modesto avviso, tutto quello che oggi va nella direzione di semplificazione e razionalizzazione del quadro politico, nazionale e locale, dovrebbe essere invocato con giubilo ai limiti dell’isteria da una maggioranza bulgara degli elettori italiani.
Da questo punto di vista, Bologna sembrerebbe essersi messa avanti con i lavori. Dopo l’operazione unitaria a sinistra e il rilancio dei movimenti ecologisti con un nuovo soggetto politico e l’ingresso in coalizione, ora l’interesse è tutto per quella fantomatica “Lista Conti” di cui ancora si conosce troppo poco.
In molti, compresi il “Predestinato” e il suo segretario nazionale Enrico Letta, hanno più o meno auspicato un ritorno di Isabella Conti nel Pd. Ritorno sistematicamente smentito dall’interessata, a parer mio con più di qualche buona ragione. Conti ha infatti delle qualità aggreganti oggettive, che però non sono spendibili nel Pd finalmente socialdemocratico che si va delineando. La sindaca di San Lazzaro sta invece benissimo con i Renzi, con i Calenda e con le Bonino: una parte di società se si vuole minoritaria, ma che esiste e ha bisogno di rappresentanza, possibilmente unita.
Se la sua lista andrà in questa direzione, ciò che sta accadendo a Bologna è da guardare con molto favore, anche in prospettiva nazionale. Non più un Pd idrovora pigliatutto e circondata da cespugli più o meno rigogliosi, ma un partito socialdemocratico maturo, inserito in una coalizione “europea” insieme a una sinistra socialista, un’area liberaldemocratica e un partito ecologista.
Resta da capire cosa faranno da grandi i 5stelle, la cui interlocuzione con il Pse sembra al momento sospesa. Ma se dopo l’alleanza bolognese – immortalata nella “Foto del 2 agosto” – si dovesse realizzare la definitiva convergenza con i dem anche in sede continentale, a Matteo Lepore e Enrico Letta sarà riuscito quello che non riuscì a Bersani con Di Pietro e Vendola dopo la “Foto di Vasto” del 2011: creare un centrosinistra unito, europeo e finalmente competitivo.
Photo credits: Il Resto del Carlino
Resta non risolto il problema della Sindaca di Roma appoggiata da Conte e dal bolognese Bugani che è con Lepore a Bologna. Mi sbaglio?
Be’ abbiamo una grande speranza che parte da Bologna. Non guarderei troppo alla questione di Roma.