Vengo dopo i diccì

Anche nella città più progressista e di sinistra del Multiverso, la politica segue le sue logiche sempre vere e sempiterne, immutabili come l’amore degli uomini per il potere

di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB


A giudicare dalle nomine ufficiali della nuova giunta, si sarebbe tentati di credere a chi sostiene di aver visto l’anziana figura di Massimiliano Cencelli zompettare nei corridoi di Palazzo d’Accursio. Auguriamoci di tutto cuore che quel testimone si sia sbagliato. La fantasia è una bella cosa. Ma a volte può prenderti la mano.

Eppure al miglior “fico del bigoncio” la moltiplicazione dei pani e dei pesci, così come quella delle deleghe, per ora è riuscita abbastanza bene e non sembra sia destinata a finire tanto presto. Da ReteDem all’area De Maria, infatti, le declinazioni del potere cittadino ci sono tutte e sono ben rappresentate, con tanto di qualche doppio incarico di dubbio gusto. A ciascuno secondo il suo bisogno o, se preferite, la sua ambizione.

Nonostante questo, già qualcuno mugugna e ne chiede di più e ancora, come Oliver Twist davanti al pentolone del rancio, con Isabella Conti a fare le trafelate veci di Mr. Bumble, il messo comunale. Con la differenza che l’orfanello di Dickens reclamava un diritto, mentre in questo caso, al limite, si tratterebbe del privilegio di rappresentare la nostra comunità.

Sul Consiglio Comunale poi sarebbe meglio sospendere il giudizio fino al primo scoglio, leggi alla voce Passante: è lì che si vedrà se questa maggioranza c’è davvero o per finta. Nell’attesa dell’impatto, anche se non è mai bello citarsi addosso, suggerisco di organizzare qualche seduta consiliare in via di Saliceto, sede del Quartiere Navile: Santori si sposta in moto e mi sembra più comodo per tutti gli altri, magari potrebbe diventare un’abitudine da esportare in ogni quartiere…

E dunque, cari lettori, vi confesso la mia delusione, anche se arrivati a questo punto direi che si era capito. Onestamente speravo meglio e spero ancora di sbagliarmi, ma sebbene i volti siano molto nuovi, le logiche che li hanno spinti mi sembrano altrettanto vecchie. Mi resta l’immagine di un uomo solo, in bilico su una fune tesa da altre mani. Forse sono un po’ troppo crepuscolare? Staremo a vedere. Il cammino dei predestinati, del resto, non prevede viaggi in comitiva.

In attesa del primo rimpasto di questa Versailles sul Reno, da amante della Prima Repubblica, non posso non dirmi dispiaciuto di non avere un diccì di razza a condurre le danze, ma solo pallide imitazioni postcomuniste. Sarebbe stato bello come vedere Picasso all’opera. Una manna per cronisti.

Perché alla fine, anche nella città più progressista e di sinistra del Multiverso, la politica segue le sue logiche sempre vere e sempiterne, immutabili come l’amore degli uomini per il potere. E riporta alla mente l’adagio che un ringalluzzito Gianfranco Rotondi consegnò a uno spaesato Gomez, nei giorni di crisi “mercantile” del Conte II: «Non ve ne fate un complesso. Tranne noi democristiani, che siamo eterni, voialtri siete tutti di passaggio».


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