Un “Muro di gomma” in via Scandellara

Arriva a Palazzo d’Accursio il caso della piccola Manhattan nel quartiere San Vitale. Gli abitanti chiedono di correggere una riqualificazione della zona che produrrà più inquinamento e più cemento. La Consulta della bicicletta avverte: il progetto è già vecchio, per i ciclisti è un non senso. Ma il Comune si schiera a testuggine romana: i lavori vanno avanti

di Achille Scalabrin, giornalista


Succede a Bologna. Succede che il progetto di riqualificazione di via Scandellara (vedi articolo “Quella piccola foresta di maxi torri” su Cantiere Bologna del 20 marzo) preoccupi i residenti della zona per gli effetti che la piccola Manhattan produrrà su questo bel lembo di città-campagna.

Più cemento, più asfalto, più traffico, più inquinamento. Tutto a ridosso anche di asilo nido, materna, elementari, medie e di una residenza per anziani. E per questi motivi i residenti si rivolgono ai gruppi politici della maggioranza e alla presidente Pd del Quartiere San Donato-San Vitale, Adriana Locascio, ottenendo soltanto fumosità, che di fatto confermano che il progetto edilizio privato (dieci ecomostri di 14 piani) prevarrà sugli interessi degli abitanti per quanto riguarda la qualità della vita.

Succede, a quel punto, che Fratelli d’Italia coglie l’occasione per “cavalcare la tigre” della protesta e in nome di questa ottiene una udienza conoscitiva della quarta commissione consiliare di Palazzo d’Accursio (“Mobilità, Infrastrutture, Opere Pubbliche, Lavori Pubblici, Manutenzione”) presieduta da Claudio Mazzanti, con grande disappunto del Pd e qualche imbarazzo di Cinque Stelle e Coalizione civica,  oggi in maggioranza ma che nel 2016 votarono contro e si astennero sul progetto Scandellara.

Succede anche che gli interventi previsti dei cittadini siano solo tre e che, informano dal Palazzo, siano stati tutti “prenotati” da FdI. Motivo per cui nessun’altra richiesta di partecipazione viene accolta, perché presentata da “normali” bolognesi non cooptati da sponsor politici.

Il canale YouTube del Comune consente in ogni caso di assistere alle sedute. In quella del 14 aprile scorso su Scandellara, il Comune schiera l’assessore ai lavori pubblici Simone Borsari (ex presidente del Quartiere San Donato e uno dei massimi fautori della “riqualificazione”) e i dirigenti dei settori Ufficio di Piano, Verde, Mobilità, disposti ovviamente a testuggine romana in difesa del progetto contestato. Gli interventi dei consiglieri di Europa Verde, Coalizione civica e Forza Italia nulla aggiungono e poco tolgono perché chiaramente basati su una non conoscenza della documentazione e su qualche sentito dire. Assenti non giustificati i 5Stelle, la Lega nord e le altre formazioni del consiglio.

Bisogna aspettare l’intervento del presidente della Consulta della bicicletta, Fabio Bettani, per sentire un ragionamento documentato: le piste ciclabili previste come compensazione sono già superate dalle nuove normative e addirittura controproducenti. Insomma, lì e non soltanto lì il piano è vecchio, va cambiato anche perché concepito nel 2012, approvato nel 2016 e in fase di realizzazione ora. Sembra evidente anche che la nuova viabilità servirà soltanto a intasare il traffico durante l’entrata e l’uscita dalle scuole adiacenti.

Ma qui, dicono i tecnici, ormai non si può far più nulla. Il patto tra il Comune e l’impresa costruttrice sembra intoccabile. E l’assessore Borsari tenta di seppellire le speranze dei cittadini di veder ridotto lo scempio di via Scandellara: «Le risposte di qualità urbana date dal progetto sono molto positive». Poi l’affondo: tutti gli interventi, dice, sono stati condivisi con gli abitanti della zona nel corso di riunioni molto partecipate. Ma evidentemente il concetto di partecipazione è molto personale, e l’assessore si accontenta di poco: sono bastati cinque incontri con una presenza media di 30 persone per costruire la narrazione «così ha voluto il popolo».

Risultato della commissione? Nessuno. Per due ore ognuno ha interpretato il proprio ruolo in commedia. E le tante domande (non fatte) su Scandellara restano senza risposta. Per esempio: quanti sono esattamente gli appartamenti delle dieci torri? Quale sarà la nuova densità di abitanti nella zona? Chi controllerà i dati di inquinamento atmosferico e acustico? Perché sono state respinte tutte le osservazioni critiche dell’Arpae? È vero che il progetto edilizio è stato ridimensionato per sopraggiunte difficoltà del costruttore?

Per ora, insieme agli abitanti della Bolognina e delle Due Madonne alle prese con gli altri ecomostri, i bolognesi di via Scandellara si trovano davanti a un muro di gomma. Che intendono in ogni caso abbattere. In nome della partecipazione.

Photo credits: Blom/Comune di Bologna


4 pensieri riguardo “Un “Muro di gomma” in via Scandellara

  1. Gli ecomostri di via Scandellara stanno trasformando in modo pesantissimo l’ambiente e le prospettive di un territorio caratterizzato da preziosissimi cunei agricoli. Già ora non è più visibile San Luca e non è questo l’unico problema. La scelta dell’amministrazione è dissennata e sproporzionata ai bisogni abitativi e la popolazione coinvolta non ha avuto modo in realtà di capire quello che sarebbe accaduto di fatto. Se c’è ancora un margine sarebbe più che opportuno modificare il progetto

  2. Intorno alla piccola Manhattan non ci sono zone industriali che giustificherebbero un densamente abitato quartiere operaio, né ampie estensioni di campi coltivati da agricoltori cui dare alloggio vicino ai loro terreni. Né dieci palazzi da quattordici piani possono essere assimilati a un villaggio residenziale di bucoliche casette immerse nel verde. Più che una piccola Manhattan sembrerebbe un moderno ghetto non molto diverso da altre alienanti realizzazioni concepite da strampalate menti come il serpentone di Corviale (palazzo lungo 1 km alla periferia di Roma, diventato un centro di degrado sociale e dai costi di riqualificazione elevatissimi) o le famigerate sette “Vele” di Scampia a Napoli (di cui tre poi abbattute negli anni, con sperpero di danaro, per mitigare l’enorme degrado sociale generato da quel ghetto). La storia non insegna nulla….

  3. Io sono uno dei tre residenti che ha avuto “la fortuna” di poter parlare.
    Innanzi tutto voglio ringraziare FdI, perché al di là di facile (e inutile!) strumentazione politica, sono stati gli unici (UNICI), nell’ultimo anno, ad essersi interessati e ad averci messo la faccia. Europa verde è stato l’unico altro schieramento che almeno ha risposto.
    Da tutto il resto… silenzio assoluto. Silenzio dal Carlino (informato più volte, ma che mai ha risposto), silenzio dalle istituzioni…

    Non voglio entrare in merito delle “mezze verità” emerse (gli incontri largamente partecipati sono una offesa ai cittadini). La cosa che più ci preoccupa è la mancanza di una risposta concreta a domande precise:
    – studio sull’impatto della rotonda sulla viabilità
    – possibilità di fare la ciclabile in strada, e quindi non rendere Scandellara senso unico
    – lavori a latere, ad esempio posa della fibra ottica che oggi ancora manca
    – reale numero degli alloggi

    Oggi, come cittadino, mi sento ostaggio, vessato da una amministrazione che non permette una interlocuzione.
    Credo sarebbe opportuno ricordare a molte persone cosa significhi lavorare. E quando si lavora, si deve rendere conto al datore di lavoro di quanto si sta facendo. In questo caso, sono proprio i cittadini il datore di lavoro, di persone che evidentemente non ricordano cosa significhi portare a casa la pagnotta quando non si ha una tessera.

  4. Trovo più che preoccupante il racconto di questo intervento di [de]qualificazione urbana.
    La famosa “partecipazione” bolognese ne risulta a dir poco ridicolizzata.
    Che il PUG 2021, con la Disciplina di piano e tutte le sue Strategie urbane non abbia apportato correttivi a questo stolido inghippo urbanistico, lascia sgomenti.
    Le torri ormai in costruzione sono assurde nel contesto di un insediamento di villette e piccoli condomini. Pensare che il PUG non impedisca la costruzione di ben 10 edifici analoghi è ingiustificato sotto il profilo demografico bolognese e un insulto alla difesa paesaggistica.
    Davvero il bilancio del Comune non può privarsi di oneri di urbanizzazione così contrari a una visione aggiornata di pianificazione?

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