Il mondo è in fiamme ma in crisi è il “Modello Bologna”

Il pessimismo in salsa locale funziona solo se si è ottimisti sulla natura della convivenza umana. Fare le pulci o peggio a un sistema, pur pieno di difetti come il “progressismo all’emiliana”, che altrove in Italia guardano con ammirazione e all’estero, travolti da guerre, fame e emigrazione disperata non riescono nemmeno a immaginare, è esercizio di alta democrazia che forse però si è allontanata un po’ troppo dalla realtà: l’umanità, governata male, è al disastro. Lontano da qui, possiamo dirlo

di Giampiero Moscato, direttore cB


«Il “Modello Bologna” si è dissolto, finito ancor prima di essere emulato a Roma, enuncia amaro Pier Giorgio Ardeni (“Dov’è finito il “modello Bologna?”). No, esiste, invece: purtroppo «è uno striscione verde dietro al quale nascondere il “business as usual”», sostiene altrettanto amaramente Marco Palma di “Bologna for Climate Justice” (“Addio al “Modello Bologna: anche la rivoluzione climatica diventa business as usual”).

Ammiro entrambi, di Pier Giorgio mi vanto di essere amico. Firmo da direttore di cB per spiegare che li ho pubblicati con convinzione: in qualcosa sono d’accordo con loro, in altre no, come accade per ogni articolo. Pongono entrambi con civiltà e competenza questioni che meritano di essere dibattute su una rivista trasversale quale la nostra. Preciso invece che scrivo questo articolo da semplice giornalista. Il Cantiere ha molte anime, quasi mai concordi, al suo interno. Oggi rappresento solo me: le altre persone che lavorano a questo progetto avranno modo di dire la loro, come ha fatto (benissimo a mio avviso), il redattore capo Di Biase (qui).

Di Ardeni e di Palma apprezzo e condivido le intenzioni, sono due costruttori di futuro accessibile e si battono per progettarlo migliore. Sono in questo al loro fianco. Dissento dalla filosofia di fondo che accomuna le loro pur diverse letture della stessa realtà: esprimono amarezza e disappunto, sentimenti che non sembrano tenere conto del fatto che a qualche centinaio di chilometri da qui si vive che è uno schifo e si muore che è un’impresa facile facile.

Pier Giorgio parla di «conformismo» quale vero “Modello Bologna”, città che «riesce a vivere con le sue disuguaglianze nascoste sotto il tappeto del progressismo». Se ci sono i poveri la colpa è di Bonaccini e di Lepore, dunque. Marco parla di ecologismo di classe: «Chi ha i soldi paga e inquina» e «tra i portici si continua a declamare la Motor Valley, come se garantire una super-car a chi se la può permettere fosse importante tanto quanto assicurare un futuro a noi e alle prossime generazioni; in questa visione miope sta tutta la distanza incolmabile tra l’emergenza che già stiamo attraversando e le soluzioni proposte da chi siede al governo della città e della regione». La Motor Valley diventa una colpa, addirittura un’onta. In effetti si inquina moltissimo il pianeta con tutti quegli aerei che portano frotte di turisti a Maranello, Borgo Panigale e Sant’Agata. Il business è un delitto, dunque. Aspetto di sapere come si fa senza.

Le intenzioni sono nobili, dicevo. La lettura sembra non tenere conto di alcuni miliardi di problemi che l’umanità cerca, spesso malamente, di risolvere. Io vorrei vivere governato da Platone in una città baciata dal sole e irrigata da freschi ruscelli, sorseggiando nettari e cibandomi di frutti offerti copiosamente da alberi che crescono in un’Agorà progettata da Fidia mentre suono la cetra. Ardeni e Palma devono averla vissuta, per come scrivono. Io che ho avuto la sventura di abitare a Bologna finisco per dovermi accontentare di Bonaccini e di Lepore e di una tangenziale intasata.

Grazie al contesto in cui siamo cresciuti possiamo addirittura anelare un governo migliore della nostra realtà: il Cantiere è nato per questo ed è lieto di ospitare chi si batte per quest’obiettivo. Io stesso ho chiesto ai vertici di imitare Vancouver, Oslo e Ginevra, dove si sta molto meglio. Ma mi sento di replicare agli ipercritici che grazie al “Modello Bologna e Emilia-Romagna” e ai campi larghi impossibili altrove non solo si è battuta una destra mai così populista e aggressiva. E che di CO2 si muore lo so anche io. Ma senza la CO2, prima della Motor Valley e del Passante di mezzo che passa in mezzo a una valle prospera, si moriva di fame e si viveva la metà di adesso. Aggiungo che non esiste un’energia pulita (dimostratemi il contrario, se potete) e sottolineo che senza energia il mondo esploderebbe peggio di quanto non stia bruciando adesso. Pragmaticamente, provate poi a dirmi quali poteri hanno i governi di Viale Aldo Moro e di Palazzo d’Accursio per risolvere i disastri del Pianeta, dove sono già cominciate le guerre per accaparrarsi quelle materie prime senza le quali noi non staremmo digitalmente discutendo di una città migliore. In sostanza non è demolendo un sistema che fa meglio di altrove che lo si aiuta a ridurre le differenze sociali e ad attenuare i guasti della nostra inquinante presenza.

Si può fare di più, sicuro. Ma non è consegnando il Paese alla destra, perché a questo porta la denigrazione continua del “Modello Bologna”, o demolendo un sistema industriale che compete con economie straniere molto più disattente della nostra alle ragioni dell’ambiente che arriveremo presto a vederci la sera sotto il Partenone a suonare la lira e la cetra avvolti in candide vesti. Anche se è il mio sogno.

Photo credits: Paul Hermans (CC BY-SA 3.0)


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