Che sindacati confederali e Partito Democratico tornino a collaborare è interesse di entrambe le parti. Perché contro questa destra intollerante serve una sinistra sociale e possibilmente unita, che vinca la sfida allargando le maglie del welfare
di Pier Francesco Di Biase, caporedattore cB
Per quel poco che vale, mi risulta difficile vedere nella recente “strigliata” dei sindacati confederali all’Amministrazione soltanto una nube passeggera, un semplice ritorno alla dialettica tra parti sociali, peraltro sempre benvenuta. Come spiegare razionalmente, altrimenti, l’improvviso atteggiamento critico di chi, come i vertici provinciali della Cgil, soltanto un mese prima aveva espresso il proprio voto in favore del centrosinistra (qui), in dissenso da una linea nazionale decisamente più “ambigua”?
La controprova, del resto, sta nelle spiegazioni offerte alla stampa dopo il recente incontro con Matteo Lepore, accusato di fare «tanti annunci, ma pochi fatti». È Giuliano Zignani, segretario regionale della Uil, a svelare l’arcano parlando del caro energia: «C’è la protesta e il sindacato, giustamente, deve governarla» (qui).
Naturalmente questo non esenta da responsabilità la Giunta, il cui primo anno di mandato è stato giudicato insufficiente dal 60% dei partecipanti a un recente sondaggio indetto dal Resto del Carlino. Numeri pesanti, che segnalano un malessere diffuso di cui è bene preoccuparsi. Ma se le parole hanno ancora un peso, quella dei sindacati è apparsa più una richiesta d’aiuto che una dimostrazione di forza. L’ultima tappa di una crisi di rappresentanza che soprattutto la Cgil sta attraversando da anni e che nemmeno la retorica cerchiobottista di Landini, con la sua marcata cadenza populista, è riuscita ad arginare.
Un isolamento interno ed esterno al mondo del lavoro, che a Roma si concretizzò un anno fa nell’assalto squadrista alla sede nazionale e a Bologna raggiunse il suo acme pochi mesi prima, con la manifestazione Si Cobas davanti alla Camera del Lavoro che costrinse la Cgil a schierare il servizio d’ordine. Le divisioni elettorali tra segreteria nazionale e locale – con il paradosso di un Landini “neutrale” nonostante le candidature di leader sindacali come Camusso, Furlan, Bentivogli e Soumahoro nelle fila del centrosinistra – hanno rafforzato l’idea di un gruppo dirigente romano più preoccupato della tenuta politica interna che delle ricadute dell’esito del voto sul Paese.
Purtroppo in questo caso il mal comune non fa mezzo gaudio. L’estrema solitudine non accomuna soltanto Pd e sindacati, ma tutta la galassia storica della sinistra italiana. Una sinistra che vede parti sempre più consistenti del suo popolo ammaliate dalle cineserie dei dalemian-contiani, alle quali non è ancora riuscita a contrapporre un pensiero alternativo, in grado di incanalare il disagio in qualcosa di più e di meglio di un mero progetto assistenzialista.
E se si dubita che tra sindacato e partito possa esistere ancora un terreno comune, io insisto e invito ad approfondire, segnalando tra gli interventi della settimana quelli di Mery De Martino e Alessandro Albergamo. Istruzione, lavoro, redistribuzione e legalità sono temi intrinsecamente legati tra loro, frammenti di un discorso amoroso condiviso da Cgil e Pd, bruscamente interrotto con l’avvento della stagione renziana. Proprio per questo, qui dove il dialogo e la collaborazione sono ancora possibili, sarebbe bene continuare a coltivarli, a beneficio di tutti.
Perché contro questa destra intollerante serve una sinistra sociale e possibilmente unita, che vinca la sfida allargando le maglie del welfare. E il “Patto per l’amministrazione condivisa” , appena siglato da Comune e Terzo settore, mi sembra un esempio efficace di un metodo da recuperare. Una dimostrazione pratica di quello che tanto la politica quanto la società civile bolognese sono capaci di fare, al di là delle sigle. Basterebbe concentrarsi su ciò che unisce, lasciando in secondo piano ciò che divide.
Auspicio intelligente
Ciò che più accomuna partito democratico e cgil é la spinta idealista verso la difesa dei diritti civili e sociali nella difesa delle persone più deboli.
Entrambe le formazioni esprimono al meglio la loro importanza nella pratica, la CGIL tutelando i lavoratori nei luoghi di lavoro, il PD nella tutela dei cittadini con la politica di prossimità.
Al partito e alla politica spetta il compito di creare un impianto legislativo e sociale, attraverso il quale il sindacato può essere incisivo e determinante nei luoghi di lavoro. Sono entrambe le formazioni “vasi comunicanti” (cit.) tanto necessarie quanto più il paese appare afflitto da importanti crisi politiche e culturali.