Bologna a 30 gradi sarebbe davvero molto progressista

I 30 all’ora sono un bellissimo concetto (salvare vite umane) con qualche rischio di ricadute elettorali negative. Piantare alberi nei parchi, negli spazi verdi ma soprattutto nelle strade della nostra meravigliosa città farebbe abbassare la temperatura, ridurrebbe l’inquinamento e sarebbe un contributo piccolo ma significativo nella lotta al riscaldamento del pianeta. Lo zero termico sale oltre i 5.000 metri e non possiamo stare fermi. Il verde rinfresca, riduce la CO2, salva l’intera umanità

di Giampiero Moscato, direttore cB


Bologna a 30 all’ora? Perché allora non a 30 gradi? Tra un po’ spiegherò il senso di questa domanda che non vuole essere provocatoria.

Intanto comincio da un fatto agghiacciante, anche se sarebbe più giusto dire “soffocante”. Lo zero termico rilevato il 25 luglio a 5.184 metri, sopra le Alpi, cifra mai vista dal 1959 quando cominciarono le rilevazioni (solo in due occasioni si erano superati prima i 5.000 metri), è un dato disastroso che abbiamo conosciuto in questa torrida fine di agosto. Che sia l’effetto di Antropocene o di un normale ciclo climatico (come qualche ottimista indomito vorrebbe) poco cambia: è l’ennesimo segnale che l’umanità (colpe sue o meno, che importa?) sta andando al disastro. Anzi ci è già entrata. Quindi ognuno di noi deve fare qualcosa per frenare questa folle corsa.

Non mi interessano le obiezioni di chi irride le misure di contrasto all’effetto serra («Se Cina e India bruciano sempre più combustibili fossili a cosa possono servire le misure green della piccola Europa?». Se a casa mia c’è un principio di incendio provo a spegnerlo anche se a Tenerife è in corso un rogo spaventoso. O no? Se India e Cina ripetono per crescere quello che l’Occidente ha fatto prima (quando il mondo non era sovrappopolato e non giravano miliardi di automezzi) che dobbiamo fare? Dare una mano alla fine del mondo? O magari dettare un’agenda?

Faccio un esempio che può chiarire le mie intenzioni. Nel 2007 fui inviato dall’Ansa alla posa della prima pietra del Parco tematico Ferrari di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, sull’isola di Yas, nel Golfo Persico. Un territorio ostile alla vita, uno spiaggione sassoso e brullo, senza flora alcuna. Lì i soldi li hanno fatti con l’energia fossile, ovvero con il petrolio. Tanti. Esagerati. Hanno pensato di investirne moltissimi, gli Emirati, per migliorare il loro ambiente.

Dopo meno di un anno (tempi rapidissimi non concepibili dalle nostre parti) il parco era pronto e fui mandato a seguire l’inaugurazione. Quello che era stato un orrido susseguirsi di dune senza fascino alcuno era diventato qualcosa di inimmaginabile e meraviglioso. Dal centro della città era stata costruita una superstrada verso la galattica struttura voluta dalla Ferrari e che costituisce un rendering visitabile non solo delle mirabilia del Cavallino Rampante ma dell’intero nostro Paese. La futuristica arteria era in realtà un colossale iper-viale alberato. Dal mondo erano stati importate piante ad alto fusto, messe a dimora lungo prati all’inglese, in mezzo e ai lati dei due sensi di marcia, continuamente irrigati grazie alla desalinizzazione dell’acqua di mare a cura di una ditta italiana, per la precisione di Faenza.

Acqua che verosimilmente costa quanto il petrolio: è che ne vendono talmente tanto nel mondo che evidentemente possono permettersi il lusso di trasformare in un colossale Hyde Park quella che prima appariva come una pietraia invivibile. Nel 2008, in un anno, spiegarono i rappresentati dell’Emirato, la temperatura media del Paese arabo era calata di cinque gradi centigradi. Fate un po’ voi la differenza che ci può essere tra i 40 e i 35°.

Ecco, Bologna non estrae petrolio e non ha i mezzi degli Emiri. Ma inquina molto, perché comunque produce tanta ricchezza. Forse investire un po’ di più di quanto non si stia già facendo nel rinvigorimento del proprio patrimonio verde potrebbe abbassare la temperatura media di questa afosa città. Lo proposi qualche mese fa (qui) e ora torno con più disperazione di allora a invocarlo.

Lo faccio non solo per lo zero termico che sale sempre più. So perfettamente che la Regione ha varato il piano “Mettiamo radici per il futuro – Piantiamo 4,5 milioni di alberi”. Vedo pure, girando per la città, che un po’ ovunque il Comune sta arricchendo di alberi gli spazi verdi, che vanno conteggiati anche nel confronto con i tagli di centinaia di piante ad alto fusto che la costruzione del tram comporta e che comunque saranno sostituite.

La giunta comunale di Matteo Lepore ha puntato molto sullo slogan Bologna a 30 all’ora. Uno slogan che giudico rischioso, l’ho già detto (qui), perché sarebbe meno contrastato riuscire a far rispettare i 50 all’ora, ma di cui apprezzo la filosofia: salvare le vite umane che in troppi casi finiscono sulle nostre strade.

Mentre mi sto impegnando a guidare con sempre maggiore prudenza per abituarmi a rispettare anche i 30 all’ora, penso che alberare il più possibile non solo gli spazi verdi ma anche le vie della nostra meravigliosa città potrebbe migliorare la qualità della nostra aria e la sua temperatura media e l’inquinamento da climatizzatori a razzo. E sarebbe una politica molto progressista. Penso che apprezzerebbero anche quelli del «faccio quello che mi pare».


6 pensieri riguardo “Bologna a 30 gradi sarebbe davvero molto progressista

  1. Complimenti per avere ricordato un tema che circola già da qualche anno, ma che, da prettamente estivo, deve diventare pubblico durante tutto l’anno. E’ un concetto a cui penso giornalmente quando noto la differenza di temperatura percepita nell’affacciarmi alle finestre della mia casa: mite verso il mio piccolo giardino con alberi ad alto fusto, molto più calda verso la pubblica via asfaltata e non alberata. Per quanto riguarda però la piantumazione di nuovi alberi (di recente molto aumentata nel mio quartiere Savena) mi sento di suggerire almeno due cose: la prima di annaffiare le nuove piante durante i mesi estivi per evitare che almeno la metà muoiano, e la seconda che la piantumazione deve procedere di pari passo con la manutenzione dei vecchi alberi ad alto fusto per evitare tragedie come quelle di Milano. Grazie di nuovo e a presto.

  2. Una idea molto bella e invitante…
    …..si potrebbero invitare i bolognesi – e non- a segnalare luoghi in cui sarebbe bello far crescere uno o più alberi e, magari, suggerire anche la famiglia della pianta preferita.
    Io, per esempio ho subito in mente un piccolo spazio in cui vorrei vedere crescere un bel tiglio col suo fogliame e la sua bella ombra : si tratta del triangolo che nasce dove via Saragozza, al suo inizio, incrocia via Urbana, proprio al termine del giardino del Collegio di Spagna .

  3. del tutto d’accordo.
    Mentre ho forti perplessità nell’applicazione dei 30 all’ora per vari motivi (se non siamo in grado di costringere i cittadini pedoni, ciclisti, motociclisti ed automobilisti al rispetto delle più elementari nozioni di rispetto reciproco e del codice della strada, se non si vede un vigile urbano in giro e, se c’è, non rileva le infrazioni per motivi che non conosco, perché ostinarsi a lanciare una offensiva che mi sembra un’altro slogan politico vacuo e a mio parere inutile contro i soli automobilisti), approvo pienamente una iniziativa che coinvolga tutti i cittadini e le varie istituzioni in una vera politica di incentivazion a nuove alberature nei vari giardini comunali, strade, cortili, parcheggi pubblici e di ventri commerciali, attuando parallelamente la manutenzione concreta (e non come adesso) di tutto il patrimonio arboreo di cui è dotata la città; piantine nuove he vanno aiutate ad attecchire non solo nel primo anno ma periodicamente, potature di eliminazione del secco e di rinforzo, cura delle possibili malattie e non attesa della morte dell’essenza per poi (forde) sostituirla.
    Devo dire che negli uimi tempi, facendo parte di un’associazione che cura il territorio in convenzione, sono riuscito ad ottenere (non senza tante discussioni e trattative con i vari uffici comunali) una “riqualificazione” (aumento degli alberi, illuminazione, nuovi arredi più efficienti, manutenzione dell’esistente) di alcuni giardini che, se no, sarebbero stati lasciati alla propria triste sorte ed al degrado e maleducazione… Occorre però che la città tutta senta questo bisogno anche per evitare di pensare (erroneamente) di risolvere il problemna con l’aumento della climatizzazione che, se da una parte porta sollievo nella propria casa, dall’altra contribuisce e non poco al surriscaldamento dell’ambiente esterno.

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