Quartetto Cetra: una voce fuori dal coro non è sberleffo

Le iperboli retoriche in un confronto non sono fatte per screditare ma per sottolineare i rischi di certi atteggiamenti. Le critiche al Modello Bologna sono sacrosante. Ma se a sinistra, mentre il mondo è in fiamme e altrove si sta peggio, si attacca una delle poche città che sembrano non essere contendibili da Meloni e Berlusconi bisogna che qualcuno stoni e gliela canti diversa. Di là promettono flat tax e meno diritti. Proviamo a parlare di loro con la stessa vis polemica?

di Giampiero Moscato, direttore cB


Carissimo Andrea (Garreffa), alcune tue osservazioni mi inducono a rubare altro spazio al dibattito che monta, per la gioia del Cantiere. Pensavo di non andare oltre a quello che mi ero preso (eccomi) per fare un acuto stonato e uscire così dal coro, puntualmente partito a sinistra anche in questa cruciale battaglia elettorale, e non contro la destra più populista di sempre. No, proprio contro una delle cose, il cosiddetto “Modello Bologna” che funziona meglio (meno peggio?) di questo meraviglioso Paese, tanto poco capace di fare sistema politico da essere nei guai seri da decenni: difficile fare un buon governo locale se Roma è mal governata.

Dispiace dover ribadire la massima stima per il ruolo, la competenza, la capacità di analisi e la civiltà di Piergiorgio Ardeni e Marco Palma e dover negare che il mio dissenso dal loro taglio sia di natura sarcastica o liquidatoria. Se li ho pubblicati è perché non solo li rispetto, ma li considero utili al ruolo del Cantiere. Se mi spingo a contraddirli, magari con l’uso di iperboli retoriche (devo mettere le emoticons per essere più chiaro?), è perché a loro differenza non riesco a guardare al lungo periodo senza temere i contraccolpi dell’oggi. E perché la loro filosofia di fondo non è immune dal problema delle sinistre di tutto il mondo, che si concentrano sui propri difetti e sembrano ignorare che esiste una destra rivale che non solo può fare molto peggio nei vari governi ma può mettere in discussione conquiste di diritti costate sangue e non più così scontate.

La cosa buffa, Andrea, è che Pier Giorgio (Ardeni) ha parole durissime verso il modello Bologna e Emilia-Romagna e ne ha per tutti, salvando solo Zuppi, Morgantini, Bergonzoni, Morandi, aggiungendo altri «invisibili». Questi quattro grandi concittadini con seguito di ignoti nella loro azione quotidiana sembrano molto più indulgenti di lui verso l’imperfetto sistema che governa città e Regione.

Marco (Palma) sembra poi indicare Bonaccini e Lepore quali fossero i responsabili principali di un sistema economico che invece sono costretti a subire come tutti noi, lui e me compresi, e magari provare ad attenuarne gli effetti. Dal mio osservatorio Regione e Comune al contrario di quel che scrive Palma hanno fatto molto per limitare gli effetti del business as usual. L’assessora Annalisa Boni (leggiamo) ha raccontato qualcosa sul tema pochi giorni fa, ma parlano i programmi di legislatura e gli interventi fatti, di cui la stampa ha dato conto senza fare sconti, e anche noi. Gianni Tugnoli (qui) traccia a sua volta un quadro desolante delle nostre amministrazioni. Massimo rispetto anche per lui, come per qualunque tentativo di critica che porti a immaginare e costruire un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto in prestito. Di Biase (eccolo) e Femia (qui) hanno espresso opinioni diverse e più pragmatiche.

Ma alla fine, per una civetteria sull’agorà ateniese, la cetra, Platone e le candide vesti e la CO2, sono io che vengo redarguito. Contestare i contestatori è esercizio rischioso, si rischia di apparire «stucchevoli». Qualcuno lo ha scritto, nei commenti sulla nostra pagina. Pazienza.

Mentre dall’altra parte fingono di abiurare il fascismo, promettono flat tax, nuovi muri e meno diritti e si avviano a marciare su Roma con il voto di maggioranza degli italiani (quelli che secondo i sondaggi vorrebbero che Draghi restasse ma consegneranno il Paese a chi lo ha fatto cadere, umiliando pure Mattarella che avevano implorato di restare al Colle per «salvare l’Italia»), dalla nostra si parte frontalmente all’attacco dell’unica area della Nazione che sembra possa non svoltare pericolosamente a destra e che a mio modesto avviso fa meglio di altre regioni.

Non voglio affatto difendere lo status quo. Vorrei con tutto il cuore che l’Emilia-Romagna evolvesse in maniera civile e sostenibile e si liberasse di cialtronismi, nepotismi, camarille e guasti fossili. Partendo da un luogo per altro civile come il nostro, so persino io che si può fare molto ma molto meglio. Ma Bologna e la regione sono immerse in un mondo che è in fiamme: l’Italia rischia di fare la fine di Ungheria e Polonia, e abbiamo l’Ucraina a qualche migliaio di chilometri, Kosovo e Serbia sono dietro l’angolo. E non è colpa né di Bonaccini né di Lepore. Però si parla male di loro, a sinistra. Adesso. Mentre tutto congiura contro. Facciamoci del male, diceva il regista.

In copertina: una scena del film “Bianca” di Nanni Moretti (1984)


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